La bomba caduta a Odessa, a duecento metri dal premier greco Mitsotakis, è considerata un segnale inquietante di Putin all’Europa
BUCAREST – Una sorridente Ursula von der Leyen vestita tutta di rosa si fa largo poco dopo le due di pomeriggio tra i delegati del Ppe e si va a sedere vicino alla presidente moldava Maia Sandu. Entrambe sembrano simboleggiare le sfide future dell’Europa. La prima sarà incoronata oggispitzenkandidatin per un secondo mandato a Bruxelles e dovrà vincere la difficile scommessa contro l’avanzata dell’estrema destra. La seconda corre a novembre come unico argine alle forze filorusse che potrebbero destabilizzare non solo il suo paese ma l’intera area a ovest dell’Ucraina. Una violenta campagna di destabilizzazione è già partita da Mosca all’indirizzo della Moldavia. Tanto che in questo primo giorno del congresso del Ppe, è la difesa dell’Ucraina a tenere banco.
La premier lituana Ingrida Simonyte, applauditissima, riassume per tutti: «Dobbiamo aiutare l’Ucraina e vincere: la sua guerra è la nostra». E il tema della difesa è diventato centrale anzitutto per i popolari europei: una delle promesse di von der Leyen è che il prossimo esecutivo brussellese sarà arricchito di un Commissario alla Difesa.
E quanto Vladimir Putin sia interessato ad avvelenare il quadro europeo lo si capisce dalla bomba cadutaieri a Odessa, a duecento metri da Kyriakos Mitsotakis. Proprio nel giorno in cui il premier greco era atteso poi a Bucarest. Dove il Ppe ha approvato in serata il “Manifesto”, il programma elettorale per le elezioni europee più importanti di sempre. Un documento che in particolare su due punti segnala un chiaro scivolamento a destra e una rincorsa dei sovranisti da parte del primo partito europeo: sul Green Deal e sull’immigrazione.
Che la trattativa sia stata complessa, però, lo dimostra un passaggio in cui Manfred Weber avrebbe voluto ribadire il “no” netto all’ingresso della Turchia nell’Ue. Ma tra Atene e Ankara è scoppiata da tempo una luna di miele che non si vedeva da anni, e Mitsotakis, racconta una fonte Ppe, ha voluto lasciare un’impronta di questo avvicinamento nel documento, ora meno severo con la Turchia: «al momento» le prospettive di adesione non ci sono, ma si può intanto lavorare all’accordo sui visti e sui dazi e «mandare un segnale per un rinnovato rapporto Ue-Turchia».
Anche su un altro passaggio c’è stato un lungo braccio di ferro: i tedeschi della Cdu puntavano, dopo averla annacquata già l’anno scorso a Bruxelles, a spostare in avanti la promessa della fine del motore acombustione entro il 2035. Non ci sono riusciti. Tuttavia il testo dedica molto spazio al Green Deal confermandone gli obiettivi ma sottolineando che andranno coniugati con gli interessi dell’industria: «Senza un’economia competitiva, non ci può essere una tutela efficace del clima ». Un rovesciamento della prospettiva adottata finora dalla Commissione Ue, come si evince anche da un altro passaggio: «Il Green Deal non è un nuova ideologia, come sostengono i verdi e i socialisti». Peraltro il Pse è stato anche il bersaglio apiù riprese del leader dei popolari Weber, che li ha accusati di avere «slogan ideologici e idee vaghe per il futuro». Sugli obiettivi ambientalisti, peraltro, il Ppe ha già cominciato, Ursula von der Leyen compresa, a picconare il Green Deal. E da ieri il “vizietto” di ritarare gli obiettivi verdi in base agli interessi dell’industria o degli agricoltori diventa programmatica per il Ppe.
Un altro tema su cui si registra una svolta a destra è l’immigrazione: l’argomento evitato accuratamente dai socialisti del Pse al recente congresso a Roma, è un punto centrale del “Manifesto”. E i moderati puntano a irrigidire ulteriormente la riforma dell’asilo in via di approvazione a Bruxelles: sognano il cosiddetto “modello Ruanda”, vogliono esternalizzare la richiesta di asilo a Paesi terzi e irrobustire i rimpatri attraverso accordi bilaterali (per il ministro degli Esteri Tajani «il modello è l’Albania»).
La rincorsa dei sovranisti serve non solo a rubare voti a destra, ma a convergere in futuro con loro. Ossia con pezzi dei Conservatori capitanati da Giorgia Meloni. È il segreto diPulcinella che von der Leyen e Weber stiano flirtando con la premier italiana e ora anche con l’ex premier ceco Petr Fiala. Ma un conto è votare ogni tanto con il “nemico”. Un altro immaginare che Meloni possa essere accolta nel Ppe. Nella Cdu, azionista di maggioranza dei Popolari, c’è stato un recente, netto irrigidimento verso la leader di Fratelli d’Italia. Ieri due fonti autorevoli del partito di Friedrich Merz escludevano l’ ipotesi di un ingresso di Meloni nel Ppe. Almeno, fino alle elezioni politiche tedesche del 2025. Merz avrebbe spiegato ai suoi, a porte chiuse, che sarebbe complicato spiegare ai tedeschi – dopo che milioni sono scesi in piazza contro l’Afd – che la Cdu esclude qualsiasi alleanza con l’estrema destra, se nel frattempo Meloni viene accolta tra i moderati europei.