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6 Settembre 2024Nel cuore forte d’Europa gli antidoti ai veleni della destra estrema mostrano di indebolirsi ogni giorno di più. La nomina del vecchio gaullista Michel Barnier, membro di un partito spaccato, in forte evidente declino ed elettoralmente perdente, alla carica di primo ministro da parte del presidente Emmanuel Macron indica con precisione quale sia davvero il punto di caduta. Che non può darsi alcun serio argine al dilagare dell’estrema destra in Europa senza concedere spazio alla sinistra: e non si danno serie aperture a sinistra conservando integra, intoccabile e quasi sacralizzata la politica filopadronale e la strenua difesa della rendita finanziaria cui il cosiddetto centrismo, in tutte le sue articolazioni, si è dedicato da tempo anima e corpo.
E, infatti, è il Rassemblement national di Le Pen e Bardella a dirsi disposto ad andare a vedere le carte del vecchio politico conservatore con un solido pedigree reazionario. Pronto ad entrare nel gioco del potere, probabilmente niente affatto a titolo gratuito. Se dovesse garantire nascita e tenuta di un siffatto governo conservatore il Rassemblement finirebbe se non col tenerlo in pugno, almeno con l’esercitare un forte condizionamento sulla sua futura politica.
La tagliola dell’arroganza di Macron si chiude così inesorabilmente sul Fronte popolare della sinistra. Dopo aver inghiottito i peggiori rospi come l’ex ministro di polizia Gerard Darmanin pur di sbarrare la strada alla destra nazionalista, ritirandosi a favore di candidati macronisti laddove ritenuto necessario per scongiurare la vittoria dei candidati del Rassemblement, la sinistra si ritrova invece oggetto di quella totale messa al bando che avrebbe dovuto bloccare l’estrema destra.
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Macron capovolge le urne: per il governo un patto con Le PenDietro il “cordone sanitario” “repubblicano” ci è finito così il Fronte popolare. Con la mossa di Macron la République entra ancora una volta in quella modalità monarchica che si annida, anche costituzionalmente, nel suo seno. Ma sappiamo che quando la Francia imbocca questo corso autoritario (e questa volta lo fa addirittura infischiandosene di un risultato elettorale e della domanda di cambiamento che veicola) raramente le acque restano tranquille.
Lo stile di governo di Emmanuel Macron e la sua cinica astuzia stanno sfidando da tempo la pazienza dei cittadini francesi. Non a caso, immediato è stato l’annuncio di mobilitazioni.
Lo smottamento a favore della destra che si è espresso, dopo lunga gestazione, con le elezioni del Parlamento europeo nello scorso giugno non ha affatto cessato di produrre i suoi velenosi effetti.
Una volta assicurata la presidenza della Commissione a Ursula von der Leyen, le cortesie nei confronti di socialdemocratici e verdi hanno perso di interesse. Il declino della Spd, dei Verdi e dei liberali in Germania mina seriamente la tenuta del governo di Berlino e il peso di queste forze in Europa.
Così, il Partito popolare europeo, seguendo la direzione del vento, si pone sempre più il problema di come relazionarsi positivamente con l’inquietante mondo alla sua destra, dapprima assumendone o addirittura anticipandone temi e argomentazioni, ma prima o poi dovrà spingersi oltre questo mimetismo competitivo. Indispensabile sarà, a quel punto, distinguere e separare. Trovare interlocutori più digeribili tra i diversi raggruppamenti sovranazionali della destra. Non sarà facile visto il reticolo di legami che li intrecciano.
Ma non vi è dubbio che gli equilibri europei, a partire dall’asse centrale franco-tedesco stanno cambiando.
Se l’esclusione delle istanze di sinistra e la difesa senza residui degli interessi economici dominanti dovessero diventare una priorità assoluta allora anche in Germania l’appoggio, almeno a livello dei governi locali, da parte dell’Afd non potrebbe che rientrare nell’ordine del possibile.
Il presidente francese ha certamente fiutato questo cambiamento. Non può non aver valutato il fatto che il governo Barnier non avrebbe nessuna possibilità di mantenersi in sella senza una qualche forma di tolleranza da parte del Rassemblement national. E che questo rappresenterebbe in qualche modo un primo passo verso lo sdoganamento definitivo di questa forza politica.
Di fronte a una situazione che impone di scegliere tra destra e sinistra, Macron sceglie la prima. E lo fa misconoscendo platealmente i risultati di una azzardata competizione elettorale che egli stesso ha imposto. Si tratta di una scelta tale da stupire perfino il più convinto critico della democrazia rappresentativa.