Passera: “Va cambiata la tassa sulle banche a rischio il credito a famiglie e imprese”
11 Agosto 2023A scuola la scommessa della fiducia
11 Agosto 2023La proposta la ha fatta Giorgia Meloni. La decisione la hanno presa lei e Matteo Salvini. È possibile che a Giorgetti, titolare dell’Economia, la scelta di tassare del 40% gli extraprofitti delle banche non sia piaciuta molto: meno di due mesi fa la escludeva. È anche possibile, come sospettano in molti, che la sua assenza dalla conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri di lunedì fosse strategica anche se ieri mattina, nella riunione dei vertici leghisti, Giorgetti era presente e non ha sollevato obiezioni di sorta. Ma in questo caso il ruolo del ministro dell’Economia non è decisivo: la mossa è politica e da quel punto di vista palazzo Chigi ha le idee chiare. Sui dettagli tecnici, invece, lunedì sera si è creata parecchia confusione: il testo iniziale prevedeva di valutare come extraprofitti quelli superiori del 3% rispetto al 2022 e del 6% rispetto al 2021, tetti innalzati poi al 5 e al 10%. In serata un comunicato del Mef cerca di riportare la calma nei mercati in tempesta, chiarendo che il tetto massimo del contributo «non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo».
LA SCONFITTA sul salario minimo, che il governo pensava di liquidare con l’emendamento soppressivo, ha certamente pesato parecchio. La premier si è resa conto di aver lasciato scoperto proprio il fianco sul quale era in partenza più forte, quei contenuti della “destra sociale” dimenticati per strada. Qualche peso potrebbe averlo avuto anche la resurrezione di Gianni Alemanno, l’ex compagno che ora pensa di tornare in campo proprio raccogliendo quelle bandiere nella polvere. Salvini, del resto, è ben contento di spingere in quella direzione.
Dunque l’ultimo cdm prima della pausa estiva non ha partorito solo provvedimenti estemporanei, legati all’urgenza di turno, ma ha provato a mettere in campo una strategia complessiva con l’obiettivo di dimostrare che il governo non è insensibile a istanze di giustizia sociale. La tassa per le banche è la punta di lancia ma vanno in quella direzione anche la convocazione per venerdì prossimo delle opposizioni per discutere di quel salario minimo che Tajani pochi giorni fa bollava come «sovietico», l’intervento sul caro voli che sottrae alle compagnie aeree uno degli strumenti più subdoli ed efficaci per aumentare il prezzo dei biglietti e persino l’aumento del 20% delle licenze dei taxi nelle grandi città: mossa timida e insufficiente ma significativa dal momento che tocca gli interessi corporativi di una parte della base sociale della destra e che la destra ha sempre difeso.
IL PROVVEDIMENTO a sorpresa ha certamente spiazzato l’opposizione: i 5S, da Conte in giù, si sono fatti sentire un po’ tutti per rivendicare il copyright e segnalare che comunque la tassa arriva in eccessivo ritardo. I vertici del Pd si sono trincerati in un eloquente silenzio. La segretaria del Pd ha commentato l’invito all’incontro sul salario minimo, accettando il confronto «purché non sia uno specchietto per le allodole», ma ha glissato sulla tassa per le banche. Di tutt’altro avviso le due anime del Terzo Polo, riunificate per l’occasione e impegnate in una incresciosa gara per la dichiarazione più surreale. Calenda teme che adesso arrivi anche «la supertassa per i profitti delle friselle pugliesi o dei toast dimezzati». Marattin, Iv, si scaglia contro il governo che «quando decide che un settore fa troppi utili lo tassa ferocemente». Secondo il capogruppo renziano Borghi «l’extraprofitto richiama il concetto marxista di plusvalore» e se intendeva dimostrare di non aver capito bene Marx c’è riuscito perfettamente.
I PROBLEMI per il governo non arrivano da quelle sponde. Molto più temibile è la lobby liberista e vicina alle banche che si è già messa in modo sbandierando la caduta dei titoli bancari in borsa e l’aumento dello spread. In Fi quei richiami hanno più ascolto di quanto non evidenzi Tajani, che esalta il provvedimento perché «corregge gli errori della Bce». Il capogruppo Barelli invece prima esterna tutte le sue perplessità, «il governo avrebbe dovuto valutare meglio, in Parlamento se necessario proporremo emendamenti» e poi si corregge: «Presa la decisione ora i proventi devono andare al taglio del cuneo fiscale e alla defiscalizzazione di tredicesime e straordinari». Ma di qui al passaggio parlamentare le pressioni perché quegli emendamenti invece ci siano diventeranno martellanti.