Il Punto 14/07/2023
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15 Luglio 2023di Massimo Franco
Dire che la riforma della giustizia incontra resistenze per il corporativismo dei magistrati sta diventando riduttivo. È vero che l’Anm ieri ha attaccato il governo sulla separazione delle carriere, tuonando contro «il pericolo per la democrazia». Ma al di là di prese di posizione così estreme, in pochi giorni una questione che sembrava destinata a testimoniare la compattezza della destra di governo ha assunto contorni diversi. Può darsi che dipenda anche dall’insistenza su una riforma da approvare «nel segno di Silvio Berlusconi», simbolo dello scontro trentennale tra politica e procure. Di certo, pesano le ultime iniziative giudiziarie. L’inchiesta sulle attività imprenditoriali del ministro del Turismo Daniela Santanchè, poi sul sottosegretario Andrea Delmastro, e infine su uno dei figli del presidente del Senato, Ignazio La Russa, sono diverse tra loro. Ma rappresentano un’unica zavorra che mette in imbarazzo Palazzo Chigi. Si tratta di tre esponenti del partito della premier, FdI. In più, gli interessati a volte reagiscono in modo maldestro, e in una fase di tensione. Eppure, quanto avviene non riflette una visione diversa dei rapporti con l’ordine giudiziario. A colpire è la rapidità con la quale è emerso un contrasto, con marcati contorni elettorali, tra le forze della coalizione. E a esserne investito sembra il Guardasigilli, Carlo Nordio, che ha sposato una riforma lineare quanto invisa alle organizzazioni dei magistrati; e questa è una novità degli ultimi giorni, considerata troppo radicale da partiti alleati come la Lega, e forse perfino da stretti collaboratori di Meloni a Palazzo Chigi. Nordio parla di una modifica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, definendolo «un ossimoro». Matteo Salvini, però, la boccia. Avverte che «non è la priorità», che «serve una riforma urgente, efficace e condivisa». E mentre Nordio annuncia che presto si definiranno i tempi per proporre la separazione delle carriere, l’Anm manda ultimatum gonfi di allarme: a conferma di uno scontro nel quale le pressioni sono molteplici. Come minimo, lo smarcamento di Salvini espone la premier. Costringe Giorgia Meloni a trovare una mediazione non facile tra l’impostazione del «suo» ministro, quella leghista e l’Anm. E non solo. Il colloquio di giovedì col capo dello Stato, Sergio Mattarella, mira a raffreddare polemiche che possono trasformarsi in conflitto istituzionale. Ma il tema rimbalza nella maggioranza. Alle minacce di querele arrivate dal ministro Santanchè ieri si sono aggiunte quelle del presidente La Russa contro giornali che avrebbero «passato il segno». Non è un bel clima. E il timore è che il peggio debba ancora arrivare, incattivendo lo scontro.