Non ci si aspetta di ritrovare altri sopravvissuti: soltanto altri corpi. È quanto hanno lasciato intendere le autorità greche a fine giornata annunciando che sono stati proclamati tre giorni di lutto nazionale. Quei corpi saranno i cadaveri di coloro che sono annegati nel naufragio avvenuto ieri a poche miglia dalle coste greche, nel Peloponneso meridionale. Una strage che potrebbe contare il triplo o il quadruplo delle persone morte a Cutro qualche mese fa.

«Come si può accettare una morte del genere, in un mare così calmo?». Konstantinos Vlakonicholos, volontario delle Squadre di soccorso civile della Messinia, osserva dalla banchina del porto il mare piatto che riempie l’orizzonte. È arrivato nella mattinata per prestare soccorso ai primi superstiti del naufragio e ha deciso di non andarsene fino all’arrivo della nave con a bordo i corpi recuperati in mare.

Mentre la giornata volge al termine, attorno a lui rimangono poche tracce a testimoniare l’accaduto: qualche tenda della Croce rossa, le ambulanze parcheggiate e il personale della Guardia costiera che cena seduto a un tavolino. Lo yacht Mayan Queen IV, battente bandiera delle Cayman, che ha trasferito nel porto i 104 superstiti del naufragio, ha ripreso il largo. I sopravvissuti sono stati alloggiati in un magazzino del porto: dormono stremati su materassini stesi per terra, protetti dalle coperte. Qualcuno allunga il braccio verso una bottiglietta d’acqua: sembra un gesto che costa una fatica immane. Sono tutti uomini, originari, secondo le prime informazioni, di Siria, Pakistan, Egitto: nessuno di loro indossava il giubbotto di salvataggio al momento dei soccorsi.

Sul peschereccio, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, viaggiavano almeno 400 persone, per l’ong Alarm phone sarebbero state invece 750. Finora non sono stati tratti in salvo o rinvenuti corpi di donne e bambini, ma alcuni migranti ne hanno confermato la presenza a bordo dell’imbarcazione partita dalle coste libiche, che avrebbe viaggiato con il doppio o forse il triplo del numero di persone consentito. «I resoconti sul numero delle persone a bordo e sull’identità delle persone che abbiamo raccolto sono per ora contrastanti, i sopravvissuti sono sbarcati quasi tutti in buone condizioni fisiche, ma sotto shock» racconta una volontaria della Croce rossa che ha assistito ai primi colloqui con l’interprete. I superstiti rimarranno nel magazzino per la notte, e nei prossimi due giorni verranno eseguite le procedure di identificazione, prima del trasferimento in altri centri di accoglienza nell’entroterra greco. Tra i sopravvissuti, in 26 sono stati trasferiti nell’ospedale di Kalamata in stato di ipotermia ma non si troverebbero in condizioni di pericolo immediato.

I corpi recuperati, per ora, sono 79. Un enorme camion rosso adibito a cella frigorifera attende, sulla banchina, l’arrivo della nave dove sono stati raccolti i corpi. L’ospedale generale di Kalamata, infatti, non è idoneo a gestire una simile emergenza e i cadaveri, al tramonto, non erano stati portati sulla terraferma. «Con il passare delle ore non ci aspettiamo più di ritrovare sopravvissuti, ma soltanto cadaveri» spiega Giorgos Favas, assessore alle politiche sociali del comune di Kalamata, che dalle prime ore della mattina ha sorvegliato le operazioni di soccorso sul porto.

Di fronte all’ennesima strage nel Mediterraneo, i leader dei principali partiti hanno sospeso i loro impegni di giornata della campagna elettorale, e la presidente della Repubblica greca Katerina Sakellaropoulou ha visitato Kalamata, dove ha incontrato l’autorità portuale ed è stata anche criticata sulla banchina del porto da alcuni attivisti, che l’hanno accusata di non avere compiuto nessuno sforzo serio per affrontare la crisi umanitaria. Sakellaropoulou, che era stata duramente criticata dall’opposizione per avere posato, durante una visita istituzionale nella regione dell’Evros, di fronte al muro costruito per fermare i migranti al confine con la Turchia, respingendo le accuse ha ricordato la «complessità» del fenomeno migratorio, la responsabilità degli scafisti che gestiscono le tratte e la necessità di «difendere i confini» nazionali.

L’ex premier, Kyriakos Mitsotakis, fresco di una vittoria elettorale ottenuta nel maggio scorso anche con lo slogan della «sicurezza» e della sacralità delle frontiere, ha sentito il capo del governo ad interim Ioannis Sarmas che sta guidando la Grecia in questo periodo di interregno post-elettorale. Poco lontano da telecamere e reporter, i primi turisti di Kalamata. città di mare situata in posizione strategica nella penisola del Peloponneso, passeggiavano ignari sul lungomare. Negli anni la costa sud della penisola ha assistito a un numero sempre maggiore di naufragi di imbarcazioni, partite soprattutto dalla Turchia, che puntano a approdare direttamente in Italia, e cercano di evitare di essere intercettate dalla Guardia costiera greca. «Di tragedie del genere ne abbiamo viste tante, ma per questo dobbiamo abituarci? Partire dall’Africa e morire in mare perché non si sa nuotare.

Questa è l’Europa», commenta una signora accorsa al porto per portare coperte nel presidio di primo soccorso allestito dal comune di Kalamata. Più sud continuano intanto le operazioni di soccorso. Il portavoce della Marina, Nikolaos Alexiou, ha dichiarato a Kathimerini che, «fortunatamente ci sono ottime condizioni meteorologiche nella zona, venti poco forti, e questo rende facile la ricerca. Ma il relitto si trova in una posizione difficile, a grande distanza dalla costa; aveva molte persone a bordo, anche se non siamo in grado di fornire un numero esatto. I colleghi che hanno visto la nave parlano di un ponte stipato di persone. Capite bene che le indagini richiederanno giorni». L’operazione proseguirà nella notte con l’assistenza di un aereo che sorvolerà il luogo del naufragio e illuminerà l’area, in un’altra notte buia, per la storia dell’Europa.