La Carta cambia, forse troppo
30 Settembre 2023La premier contro i suoi fantasmi “Piuttosto torniamo a votare”
30 Settembre 2023I CONTI PUBBLICI
La premier rintuzza le illazioni sui presunti attacchi ai nostri Btp: «La sinistra continui a fare liste di ministri, noi governiamo». E lo spread era più alto con Draghi. Anche per Visco nessuna speculazione alle porte. Il deficit sotto il 3% solo nel 2026
Roma
Stavolta è lei stessa, la presidente del Consiglio, che accetta di buon grado di “contaminare” un vertice in terra straniera, a Malta, con le questioni di casa. Lo fa per respingere le insinuazioni e la campagna di parte della stampa contro il suo governo che, con le sue azioni e scelte ora “cristallizzate” nella Nadef che fa salire il deficit 2024, metterebbe a repentaglio la reputazione dell’Italia sui mercati, replicando situazioni già viste in passato.
«La sinistra continui a fare la lista dei ministri del governo tecnico che noi intanto governiamo», ha detto perentoria Meloni, interpellata sull’andamento dello spread (ieri peraltro poco mosso attorno a quota 193, dopo aver sfondato i 200 punti l’altroieri). «Non vedo questo problema, vedo questa speranza da parte dei soliti noti, mi fa sorridere – ha proseguito -. Voglio tranquillizzare: il governo sta bene. Lo spread che lanciate come se fosse la fine del governo Meloni sta adesso a 193 punti, a ottobre scorso era 250, nel 2022 è stato più alto e certi titoli non li ho visti. So leggere la politica e so leggere la realtà». E poi, ha aggiunto con una punta di veleno, «il governo tecnico da chi dovrebbe essere sostenuto, da quelli del Superbonus? È lì che vedo un problema, non in chi mette risorse nei redditi bassi».
È una linea condivisa nel partito. Anche per Lucio Malan, capogruppo al Senato di Fdi, «stavolta la sinistra e i suoi media del gruppo Gedi si mettano l’animo in pace». E per l’altro capogruppo Tommaso Foti «le opposizioni sono ipocrite, lo spread fu più alto con Draghi ». Immediata la replica del Pd: «Invece di chiudersi nel bunker in preda alla paranoia da governo tecnico, Meloni e i suoi pensassero alla manovra: l’economia si è fermata e la destra non ha la più pallida idea di come rilanciarla», ha risposto Antonio Misiani, responsabile Economia del partito.
Ma che non ci sia per ora alcun attacco speculativo contro l’Italia dopo la Nadef è l’opinione anche del governatore della Banca d’Italia, che lancia però un monito al governo. Gli attuali interessi sul debito pubblico «non sono il risultato di speculazione – ha detto Ignazio Visco a un convegno a Napoli -, ma di un’attenzione sul fatto di tenere i nostri conti il più possibile in ordine ». Si tratta, ha insistito, di «un impegno politico rilevante che va sottolineato continuamente» e per questo serve «un piano su come vengono spesi i soldi tale che convinca chi compra i nostri titoli».
L’esecutivo da parte sua sdrammatizza: «La Nadef ha numeri seri, in previsione di una manovra estremamente seria», assicura la premier. E il sottosegretario dell’Economia, Federico Freni, professa tranquillità: «La reazione dei mercati non la vedo né preoccupante, né scomposta. Mi preoccuperò quando lo spread dovesse salire, ma non credo avverrà, sopra una soglia di guardia», ovvero il 340/350 che «è il massimo dal 2018 ad oggi».
Intanto c’è attesa per vedere il quadro completo della Nota di aggiornamento varata mercoledì sera dal governo. Al momento c’è solo una tabella che certifica che il deficit tornerà entro il 3% solo nel 2026, ma a costo di una politica di bilancio che appare restrittiva: tra tre anni il deficit tendenziale è indicato al 3,1%. Si alza il velo anche sulla dinamica del debito, che secondo le stime del governo scenderà sotto il 140% del Pil nel 2025, al 139,9%. Migliora infine il saldo primario, cioè la differenza tra entrate e spese senza gli interessi: tornerà positivo nel 2025 (0,7% del Pil). «La fase espansiva dell’economia italiana potrebbe aver concluso la sua corsa», avverte anche il centro studi Prometeia, che ha rivisto al ribasso le stime sul 2023 (+0,7%) e stima un anemico +0,4% nel 2024. Le prossime 3 settimane saranno cruciali: ci sono da trovare un’altra decina di miliardi e definire l’elenco delle misure. Garantito anche l’avvio del Ponte sullo Stretto: i fondi, assicura Freni, ci sono, per 2 miliardi di euro.