There Is a Light That Never Goes Out
16 Gennaio 2023Per Dante, svoltare a destra
16 Gennaio 2023di Maurizio Ferraris
Un filosofo legge le confessioni del principe vittimista alla luce dei Grandi del passato: il motore della narrazione non è tanto il narcisismo quanto il desiderio di umiliazione
Se Madame Bovary avesse raccontato la propria vita a Flaubert, ci saremmo trovati con lo stesso risultato letterario che abbiamo tra le mani comprando una copia del romanzo, ma con una domanda supplementare: perché Emma ha dovuto raccontare qualcosa che la rivela così bene per quella che è, ossia una povera stupida? Per amore di verità? Ma figuriamoci. Nell’Ottocento i filosofi consideravano l’autobiografia come la forma più perfetta di conoscenza storica, dal momento che comportava la coincidenza tra il soggetto e l’oggetto della narrazione. Mentre Mommsen deve sforzarsi di penetrare nelle vite dei Cesari, Goethe che racconta sé stesso in «Poesia e verità» non può sbagliare, perché è già sé stesso, conosce propri atti e i propri motivi, ed è il più grande specialista in materia. Ovviamente era una convinzione ingenua, perché le persone spesso si conoscono così male che vanno da uno psicoanalista per sapere chi sono, o magari lo scoprono nel racconto di un terzo.
L’auto-calunnia
Nel caso dell’autobiografia del principe vittimista, trovo che abbiamo a che fare con una fattispecie ancora diversa, quella della autocalunnia, dove il fatto di dire la verità su sé stessi assolve chi si confessa da qualunque altro giudizio morale, perché la sincerità fa premio su tutto. In questo senso, il caso più prossimo a «Spare» sono le «Confessioni» di Agostino. Nel decimo libro, cioè verso la fine dell’opera, Agostino si domanda che senso abbia confessarsi a un onnisciente, perché in effetti Dio sa tutto di lui, e anche di più, giacché conosce segreti rispetto al futuro e forse rispetto al passato che Agostino ignora. Anche perché è giunto al termine dell’opera, Agostino non ritratta, non sceglie il silenzio, non brucia il manoscritto, e tira diritto, perché dice che vuole fare la verità non solo di fronte a Dio, in confessione, ma anche per iscritto e di fronte a molti testimoni.
Mutatis mutandis, è la strategia di Harry che in più, rispetto ad Agostino, ha una solida motivazione finanziaria, ossia un contratto da quaranta milioni di dollari, che non è la santità ma che, almeno in un’ottica strettamente calvinista, è segno indiscutibile della benevolenza divina. Diversamente da coloro che scrivono delle autofinzioni per rendersi famosi quanto le loro vittime, qui non si scatena il meccanismo del «muoia Sansone con tutti i filistei» per il semplice motivo che di segreto non c’è niente. Il problema fondamentale di Harry è appunto quello di una vita perennemente sotto i flash, e la copertura stampa di cui si lamenta è in tutto e per tutto paragonabile alla conoscenza che Dio ha di Agostino. E sebbene continui a deplorare le mistificazioni dei tabloid, resta che i lettori postfreudiani possono legittimamente domandarsi se anche lui non si autocalunni.
Le droghe
La stampa dice che Harry indulge nel bere, e lui racconta dettagliatamente le sue bevute di birra, tequila, vodka, gin, e un sacco di altre cose, spingendosi sino a consigliare un cocktail di whisky ravvivato con qualche goccia d’acqua di fiume africano. La stampa dice che Harry fuma marijuana? E lui non solo conferma, ma rilancia: se è per questo, fuma anche erba africana molto più potente, e si fa scorpacciate di funghi allucinogeni, e tanto più allucinogeni in quanto, ci spiega, lo conducono alla scoperta del suo vero sé. La stampa dice che è ignorante, e lui, qualora ci fossero dei dubbi circa le sue capacità letterarie al netto dell’intervento del ghost writer, pubblica delle lettere scritte di suo pugno e inviate a Meg. La stampa insinua che è un codardo, e lui racconta di una carriera militare dietro a uno schermo di computer o alla guida di un elicottero inespugnabile, ossia dì qualcosa che ha più a che fare con la caccia e la pesca che con la guerra. La stampa sostiene che è uno stupido, e Harry scrive varie volte che Meg non aveva la più pallida idea circa la composizione della famiglia reale. Perché tutto questo?
Umiliazione
Il narcisismo è sempre una spiegazione insufficiente e moralistica, e nel caso di Harry lo è più che mai. È piuttosto il contrario, un desiderio di umiliarsi, che anima queste confessioni: esattamente come nel caso di Agostino. Ai tempi del vescovo di Ippona, le confessioni si facevano in pubblico, e questo con lo scopo deliberato di far subire al penitente, attraverso il sacrificio dell’amor proprio, una versione addomesticata del martirio. È un tema che ritorna in Ambrogio e in Tertulliano: nei primi secoli dopo la morte di Cristo, i martiri avevano testimoniato la loro fede al prezzo della vita; ma in un impero cristianizzato questa testimonianza estrema non è più possibile, e non resta aperta che la via dell’autoflagellazione, dello sputtanamento in pubblico, della parresia, ossia del dire la verità al prezzo non più della vita, come nel caso di Socrate e dei martiri, ma della morte civile, che è certamente il destino riservato a Harry.
Il lettore
Non ho il gusto né le competenze per scrutare sino in fondo l’anima di Harry commediante e martire, ma immagino che nella sua casa di Mendocino, tra gli incomodi della inondazione e i litigi con Meg, abbia realizzato il miglior proxy a lui accessibile della morte della madre nel tunnel dell’Alma. Personalmente non trovo neanche un motivo per considerare quello di Diana Spencer un martirio, ma sono certo che il parresiaste Harry sia di diverso avviso e che si senta come Diana, il cui ultimo bagliore di vita fu una selva di flash. Quanto a me, ipocrita lettore, ho divorato «Spare» non come un romanzo, genere che ha smesso di appassionarmi dopo le scorpacciate fatte nell’adolescenza e nella prima giovinezza, quando cercavo di imparare a vivere, ma proprio come una confessione in pubblico e un martirio senza spargimento di sangue. E come la lettura delle «Vite» di Plutarco può avere un effetto deprimente, perché ci parla di anime tanto più grandi delle nostre, sospetto che le confessioni di Harry abbiano un effetto galvanizzante, perché, per quanto forti e fondati siano i dubbi che ognuno di noi può avere circa l’aver imparato a vivere, è difficile non sentirsi più esperti di questo principiante assoluto.
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