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9 Marzo 2025Ildegarda di bingen tratteggia il «tempus muliebre»
Questa illustrazione rappresenta l'amore divino del figlio di Dio. I fuochi dell'amore e del giudizio bruciano sul suo petto, segnando i limiti esterni dell'universo, nel quale l'uomo prende posto come coronamento della creazione. Tratto da "Liber Divinorum Operum", Lucques, Biblioteca Statale, Codex Latinum n. 1942, dal sito della Biblioteca Nazionale di Francia
Ildegarda nasce nel 1098 a Bermersheim, presso Magonza e, sin da piccola, la sua nobile famiglia la indirizza al servizio di Dio. A sedici anni prende i voti perpetui, scegliendo la vita monastica. Diventa “magistra” e per oltre un trentennio opera nella solitudine del piccolo monastero. Definisce il suo tempo «epoca effeminata», «tempus muliebre».
Ancora giovane ha visioni. Scrive della «luce che vedo» non legata a uno spazio ma «molto più splendente di una nube compenetrata dal sole». Non sa «misurarne l’altezza, la lunghezza, l’ampiezza…». Dopo i quarant’anni il fenomeno si evolve: la silenziosa visionaria si trasforma in profetessa religiosa. Bernardo di Clairvaux, uno degli uomini più autorevoli del tempo, conferma la sua dote profetica. E non è il solo: al sinodo di Treviri (1147- 48) papa Eugenio III legge dei passi dagli scritti di Ildegarda. Li aveva fatti esaminare da una commissione, ora le chiede di condividere le visioni con il mondo. Così nasce il primo grande scritto, Conosci le vie (Scivias).
Tutto questo viene alla mente aprendo un altro vertiginoso testo di Ildegarda, Il libro delle opere divine (Liber Divinorum Operum), con le visioni cosmologiche, uno dei più enigmatici e fascinosi di questa “confidente di Dio”. Uno scritto che ora, nella collana Abraxas di Mimesis (diretta da Claudio Bonvecchio ed Elio Jucci), è tradotto in italiano. La lettura è paragonabile a un’odissea nella dimensione della Divinità che «comprende tutto in sé», simile a «una ruota integra che non ha inizio né fine». Qui si avverte «il circolo del puro etere», s’intravedono i «sei cerchi che si congiungono tra loro senza intervalli»; o è possibile osservare «i due circoli del fuoco nero e lucente» cogliendone il significato. E ancora: si trovano testimonianze dell’Apocalisse, o una nuova visione dell’uomo, la cui immagine sta «al centro della predetta ruota».
Quanto è evocato da Ildegarda si accumula, dando vita a qualcosa di complesso ma anche di unitario, mentre questa mistica affronta la storia dell’uomo e del mondo con uno sguardo al tempo stesso spirituale, ontologico e storico. Nella seconda parte dell’opera, le visioni conducono alle ricompense per le virtù e alle punizioni per i vizi: è tracciata una geografia del purgatorio, delle bocche infernali, della via che corre verso la città celeste.
Non c’è da aggiungere altro, meno che mai giudizi. Ildegarda stordisce e stupisce; a volte addolcisce le dimensioni dell’infinito. Pur meditandone frammenti, si rammenta l’impietoso giudizio di Emil Cioran, scritto in Lacrime e santi: «La Chiesa e la teologia hanno assicurato a Dio un’agonia duratura. Soltanto la mistica, di tanto in tanto, lo ha rianimato»
Ildegarda di Bingen
Il libro delle opere divine
Mimesis, pagg. 482, € 28