Bergoglio: costruire il futuro con i migranti e i rifugiati
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ROMA-MILANO
Migliaia di donne sono scese in più di cinquanta piazze italiane per difendere la legge 194, a tre giorni dalle elezioni che hanno consegnato l’Italia nelle mani del centrodestra e per avvertire Giorgia Meloni: il diritto all’aborto non si tocca. Ieri era la Giornata Internazionale dell’aborto sicuro, ma soprattutto era il giorno successivo alla decisione del gruppo di FdI nel Consiglio Regionale della Liguria di astenersi durante la votazione di un ordine del giorno sul «diritto delle donne di scegliere l’interruzione volontaria di gravidanza». Una decisione che per chi si schiera a favore della 194 e del diritto delle donne di scegliere rappresenta un chiaro segnale di quello che potrà accadere d’ora in poi. Riempire le piazze è stata la risposta, anche se la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni non ha ancora ricevuto l’incarico di formare un governo.
I presidi e le mobilitazioni si sono svolti in quasi tutte le regioni. A Milano, Roma, Bologna, Cagliari, Brescia, Palermo, Catania, Firenze, Verona, Genova, Reggio Calabria, Modena, Napoli, Catania, Torino – e per la prima volta anche in Molise – le militanti di «Non Una di Meno» e le migliaia di persone che si sono unite alla loro protesta hanno rivendicato il diritto a un aborto «libero, sicuro e gratuito». I manifestanti hanno ricordato che dall’inizio dell’anno sono «73 le vittime della violenza di genere» e denunciato il pericolo rappresentato dalla vittoria di Giorgia Meloni e di una destra «razzista e antiabortista». Nessun orgoglio, nessun entusiasmo per la possibilità che l’Italia abbia per la prima volta una presidente del Consiglio. «Non è una vittoria delle donne», dicono le militanti di Non una di meno, visto che «vuole garantire il diritto a “non abortire”, cancellare i diritti delle persone transgender e l’educazione alle differenze». Come spiega Valeria Valente, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, «Giorgia Meloni deve sapere che le donne non le consentiranno di fare passi indietro sui diritti».
«Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io», è scritto su uno dei tanti cartelli presenti alla manifestazione a Milano. Il corteo è partito davanti a Palazzo Pirelli, sede del consiglio regionale lombardo: «Partiamo da qui non a caso, siamo sotto una Regione che dovrebbe tutelare il nostro diritto alla salute, con consultori laici e pubblici dove nessuno viene discriminato o si imbatte in obiettori che ti dicono cosa fare del tuo corpo, ma spesso non è così, qui come altrove. Vogliamo gli obiettori fuori dalle nostre mutande!». Si definiscono «furiose e preoccupate contro la deriva che potrebbe prendere il Paese guidato dal centrodestra, perché Meloni è espressione del peggior patriarcato». In circa un migliaio si sono ritrovati a Torino e centinaia a Roma. Ovunque striscioni, cori e slogan per difendere la 194 e contro Meloni.
A nulla serve la precisazione del coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli che «in Liguria «non c’era la volontà di indebolire e eliminare la legge 194, ma di rafforzarla in tutte le sue parti».
Le polemiche investono anche il ministro della Salute Roberto Speranza. A un anno di distanza dalla prima richiesta, l’associazione Luca Coscioni ha rivolto un appello ad «aprire i dati sulla 194 per poter conoscere la reale applicazione della legge».