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5 Ottobre 2022Dal 2019 costante aumento di fughe verso contratti a gettone. L’Anaao: via i tetti di spesa sul personale
Giulio Gori
In tre anni, 400 medici si sono dimessi volontariamente e hanno lasciato la sanità pubblica toscana. Chi per andare nel privato, chi per fare il medico di famiglia. Troppo lo stress del lavoro in reparti d’ospedale sotto organico, in cui il peso dei pazienti ricade sui pochi che rimangono. Troppo bassi i salari, a fronte di offerte allettanti che arrivano da cliniche e da cooperative private.
Secondo il principale sindacato medico ospedaliero, nel 2019, a dimettersi sono stati 123 medici, 130 nel 2020, 150 nel 2021. L’incidenza dei medici che lo scorso anno hanno dato l’addio a ospedali e ambulatori pubblici è più bassa rispetto alla media italiana, circa l’1,7% contro il 3,3%. «Ma, senza ombra di dubbio, le dimissioni di anno in anno aumentano», dice Gerardo Anastasio, segretario toscano di Anaao. La maggior parte sono ortopedici, stanchi di lavorare a singhiozzo perché per carenza di personale le sale operatorie non viaggiano a pieno regime, mentre nel privato la chirurgia è molto remunerativa. Ma ci sono anche tanti che arrivano dall’emergenza urgenza, travolti dai pazienti in pronto soccorso sotto organico, che scelgono di fare il medico di famiglia o di andare a lavorare a gettone per cooperative in subappalto nella sanità pubblica di altre Regioni. La Toscana ha detto no a questo modello, ma ora rischia la fuga in massa, visto che i gettoni possono valere fino a 100 euro l’ora, con risultato che in appena cinque turni si fa lo stipendio di un mese. Sbaglia la Toscana? O dovrebbe condurre una battaglia contro questo nuovo modello diffuso altrove? Il presidente nazionale di Anaao, Carlo Palermo, è netto: «Siamo contrari alle cooperative, perché non garantiscono la professionalità del medico (vengono ingaggiati anche giovani non specializzati, ndr ), il problema non è il gettone ma il fatto che a dare i 100 euro ai medici non sia il sistema pubblico — dice — In Italia, si guadagna la metà rispetto alla media europea». «Ci sono due battaglie fondamentali — aggiunge Palermo — Anzitutto, chiedere che il governo copra le spese Covid: la Toscana ha speso un miliardo di euro e ha ricevuto rimborsi per neppure la metà, è ovvio che così manchino le risorse. In secondo luogo, vanno aboliti i tetti di spesa sul personale sanitario pubblico, perché altrimenti è inevitabile che ci si debba rivolgere a medici “somministrati” a gettone (che non rientrano nei tetti, ndr )».
Mentre i vertici della Regione ammettono difficoltà a raggiungere il pareggio di bilancio, un attacco alla giunta Giani arriva dal sindaco leghista di Pisa, Michele Conti: «Ricevo da un numero sempre maggiore di cittadini segnalazioni di cattivo funzionamento del nostro ospedale di Cisanello. Sono molto preoccupato — ha detto ieri in Consiglio comunale — Ieri (lunedì, ndr ) a Firenze è stato organizzato un convegno sulla “questione medica in Toscana”, alla presenza del presidente Giani. Se mi fosse stato chiesto di intervenire, avrei chiesto spiegazioni del perché la sensazione che si sta consolidando è quella di una sanità pubblica regionale sempre più al collasso e in difficoltà anche a dare servizi essenziali. Il sindaco Nardella ha fatto una serie di proposte di riforma, che non tengono conto delle esigenze dei diversi territori, ma che evidentemente nascono in ambienti fiorentini e in particolare del Pd che, come al solito pensa di esaurire argomenti importanti per tutti nel chiuso delle proprie stanze. Leggo poi con stupore e sgomento le notizie di molti medici che decidono di dimettersi e proseguire a lavorare nel privato. La sanità toscana rischia il commissariamento, ha detto Giani. E, aggiungo io, non si può continuare a far finta che tutto vada bene, perché non è così». E ha concluso: «È necessario che subito vengano potenziati gli organici a Cisanello e che venga potenziata la sanità sul territorio».
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