Maurizio Maggiani
Dico a voi, a voi che con le vostre lingue sguainate come spade difendete il solco della sovranità alimentare, voi che vi ingozzate di italiche eccellenze colte fresche come natura crea dai sacri campi della patria, voi che con golosa mediatica brama addentate una forma di grana padano abbracciando in tal modo i valori italiani, e voi, auliche fanfare dei gioielli di terra, di vacca e di mare adeguatamente esposti nei tabernacoli delle boutique alimentari ai prezzi di Christian Dior.
Dico proprio a voi mediatori, intermediari e grossisti, e soprattutto a voi uffici acquisti che bandite le vostre aste al massimo ribasso e strozzate i contadini, dico a voi grandi contadini che strozzate i braccianti, e a voi grossi contadini che presidiate le vostre immunità piazzando i carrarmati ad uso agricolo in assedio alle istituzioni nazionali e transnazionali preposte ad arrendersi alle vostre condizioni con ferma determinazione.
E infine eccomi a voi, ministri plenipotenziari del diritto di vita e di morte sugli umani che lasciate volentieri morire per mare e altrettanto volentieri lasciate che vivano purché nella totale, infame soggezione della clandestinità.
Ecco, per tutti voi il menù del pranzo di oggi ve lo propongo io, e in un’unica portata troverete l’esaustivo compendio di tutta la sovrana eccellenza d’Italia. È un piatto che la straordinaria creatività culinaria italiana vi consentirà di preparare in cento diverse ricette; la materia prima poi si presta alla perfezione, è un bel braccio di giovane animale umano, il suo proprietario non è nella condizione di rivendicarlo, dunque è di libera disponibilità, di recentissima macellazione, è ben conservato da qualche parte, si tratta solo di andarselo a prendere. E così oggi finirete di consumare Satnam Singh, l’umano di cui vi siete nutriti pezzo per pezzo, senza nulla lasciare inconsunto perché, come del suino, di un giovane animale come lui non si butta via niente.
Di quanti Satnam Singh vi siete, vi state nutrendo pezzo per pezzo, di quanti Satnam Singh vi siete sbarazzati dei resti incommestibili lungo i fossi, le discariche, le topaie? Oh, sì, voi tutti, la leggiadra, l’orgogliosa compagnia di filiera del sistema agricolo industriale di questo Paese, il Sistema. Perché questa è la verità, che non si tratta di fare i conti con una congrega di delinquenti e un pugno di immondi disumani, per loro sarà persino possibile un processo e una condanna, ma di porre al cospetto delle sue responsabilità il Sistema.
E il Sistema è così fatto. Che il lavoro schiavistico, il lavoro nero, e l’evasione, certo, l’evasione, che ne è un apprezzabile prodotto di risulta, sono un fatto strutturale, necessario, essenziale alla prosperità, e persino alla sopravvivenza, della filiera agroalimentare come fonte di profitto. Se c’è un’alternativa, quella è di un altro sistema, un sistema di un altro mondo, quello che, anche ammesso che ci sia, ora come ora nessuno vede.
Naturalmente il Sistema non è totalizzante, fornisce intorno al novanta per cento di quello di cui ci nutriamo. Al Sistema sono estranei i virtuosi, i contadini e le cooperative agricole che si auto organizzano in mercati paralleli e alternativi, che producono e distribuiscono in proprio, che forniscono prodotti di alta qualità, e che per forza di cose lo fanno per il ricco mercato estero o per la rete di boutique che serve quel 2,3 per cento di benedetti dalla sorte che aggiungono ai molti loro privilegi anche quello di nutrirsi delle meglio sciccherie. Tanto per capirci, al mio vicino Silvano che coltiva pere Decana e tratta i suoi operai con gran dignità, e con affetto, l’anno scorso il mercante a cui vende sul campo e che a sua volta distribuisce direttamente nei mercati del Piemonte, gli ha pagato le Decana 1,70 euro, una cifra di grande soddisfazione per Paride, ma che porterà sul banco quella frutta a cinque, sei euro, e soltanto perché il mercante è un tipo di non eccessive pretese di profitto.
No, il Sistema è un altro, il Sistema nutre il popolo, e il popolo non va nelle boutique, va nei supermercati, il Sistema è governato dalla grande distribuzione. E la grande distribuzione deve fare due cose, deve temere i prezzi bassi e guadagnarci pure il più possibile. E con la grande distribuzione ci deve guadagnare tutta la catena che parte dal campo, i grossisti, gli intermediari, gli stoccatori, così si fanno le gare al massimo ribasso, e chi sta in alto strozza chi gli sta sotto, giù fino al contadino, che naturalmente non è il piccolo ma il grande contadino, la grande impresa agricola, e quella per avere il suo profitto ha bisogno di manodopera a bassissimo prezzo, ha bisogno di animali da lavoro, i migranti clandestini sono al mondo per questo, l’anello più basso della catena.
Ci sarebbero gli ispettori con il compito di sorvegliare e sanzionare proprio a loro tutela, ma, lo sappiamo, sono troppo pochi, per qualche motivo non si riesce a metterne all’opera in numero adeguato; ma se anche ce ne fossero abbastanza, non sono così sicuro che Satnam Singh avrebbe una vita migliore, se il Sistema vuole permanere così com’è, campare su una produzione di cibo segnata dalla marginalità economica, è indispensabile che Satnam Singh rimanga quello che è.
C’è il modo che le cose cambino? No, in questo mondo credo sinceramente di no. Perché cambino in meglio almeno un poco basterebbe accorciare la catena, ma, escluso l’ultimo, ogni anello è un potere, un potere che esercita la sua forza anche politica, vota e fa votare, blandisce e paga, è influente e intoccabile.
Almeno un filo meglio si potrebbe? La ragione forse principale della marginalità economica dell’agroalimentare, della pochezza del profitto, è dovuta alla deperibilità della merce, dopo un paio di giorni che una pesca è sul banco è già lì che fa schifo a vedersi anche se magari è anche più buona da mangiare. Si potrebbe allora organizzare un sistema di smercio a basso costo dei prodotti diciamo così in prescadenza, quelli perfettamente commestibili ma che uno o due giorni dopo andrebbero buttati. Ne gioverebbero milioni di famiglie sul crinale della povertà alimentare, ma evidentemente è una soluzione troppo difficile da pensare e organizzare, o, forse, alla grande distribuzione pensare e organizzare costerebbe di più che buttare.
E allora dico a voi, voi tutti sopracitati, continuate tranquilli a consumare il vostro pasto di eccellenza sovrana; noi qui, brave persone, che possiamo dirvi se alla fine ci capita di buttarne giù qualche pezzetto, solo per sbadataggine si intende, solo perché è così che va il mondo e non è che si può stare attenti a ogni cosa senza riuscire a chiudere un occhio anche solo per un attimo.