Iniziata l’operazione per smantellare le basi dei miliziani con una “occupazione limitata” Biden: “Vorrei che si fermassero”. Arretrano le forze armate di Beirut
TEL AVIV — Diciotto anni dopo la guerra del 2006, le truppe dello Stato ebraico entrano di nuovo in Libano. Gli incursori e le forze speciali, coperti dall’aviazione, hanno attraversato il confine intorno alle nove di sera ora locale, quando hanno preso a circolare notizie di spari e colpi di artiglieria e di carri armati lungo la frontiera, dove lo Stato maggiore da giorni ha ammassato decine di tank, obici e i soldati della 98esima divisione per quella che è stata annunciata come «occupazione limitata» del Sud del Libano, con l’obiettivo di smantellare le postazioni di Hezbollah. Cosa voglia dire limitata, però, lo si capirà solo nelle prossime ore.
La conferma dell’inizio dell’invasione di terra, data per imminente per tutta la giornata, non è arrivata dalle Israeli defence forces (Idf) ma dagli Stati Uniti, tramite il portavoce del Dipartimento di Stato. «Israele sta attualmente conducendo un’attività limitata all’interno del Libano». Le informazioni sono confuse, come sempre accade nelle prime fasi di ogni operazione militare complicata, per cui questa è ancora una cronaca imperfetta.
Alle 8.39 di ieri sera, dunque, l’Idf ha dichiarato “zona militare” le cittadine di Metulla, Misgav Am e Kfar Giladi: si trovano nel territorio più a Nord di Israele, circondato dalle colline libanesi da dove per un anno, precisamente dal giorno dopo il massacro del 7 Ottobre compiuto da Hamas, sono stati lanciati razzi e droni esplosivi che hanno costretto 60mila abitanti dell’Alta Galilea a sfollare. Metulla, insieme a Har Dov, sono le località più adatte, da un punto di vista tattico, per l’incursione di terra. Lo Stato maggiore ha chiesto ai civili libanesi che abitano vicino al confine di evacuare altrove e invitato i media a non diffondere informazioni sul movimento delle forze armate. Che invece giungono da quelli libanesi e vanno prese con le molle: le prime unità israeliane del genio e delle forze speciali sarebbero state avvistate nella zona di Wazzani, nel settore orientale non lontano da Metulla, e anche a Khiyam, ad Alma, a el Chaab e a Naqura; avvistamenti di truppe, secondo l’emittente Al Arabiya, nella zona attorno a Rmeich, più a Sud-Ovest, a pochi chilometri in linea d’aria da Sasa, il kibbutz dove vive una comunità di italiani. E nei cui pressi, giusto ieri,Repubblica ha documentato la presenza dei merkava, i tank dell’Idf, e di numerosi pezzi di artiglieria. Bombardamenti dei caccia sono segnalati in tutto il Sud.
Secondo laReuters l’esercito regolare del Libano si è ritirato di cinque chilometri dalle posizioni vicine al confine, lasciando quindi campo aperto ai combattimenti tra israeliani e miliziani sciiti. Sull’altro versante della Linea blu i caschi blu della missione internazionale Unifil, tra cui un migliaio di italiani, sono stati costretti a fermare le attività di pattugliamento. «I nostri soldati stanno bene», riferisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’uccisione di Hassan Nasrallah «è un passo importante, ma non sarà l’ultimo», la prossima mossa nella guerra contro Hezbollah «comincerà presto», aveva detto poco prima del tramonto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, mentre sul terreno si moltiplicavano i segnali di un’operazione imminente. Il governo di Netanyahu ha assicurato agli Stati Uniti che si tratterà di un’azione «più contenuta » di quanto inizialmente previsto (e di quella del 2006), destinata a eliminare la minaccia di Hezbollah fino al fiume Litani, come da risoluzione Onu 1701. A Washington, tuttavia, l’ingresso delle truppe di Netanyahu in Libano non sembra essere stata accolta bene. «Sono al corrente ma vorrei che si fermassero », ha detto il presidente Joe Biden appena poche ore prima dell’invasione. Rilanciando, per ora inutilmente, un appello al cessate il fuoco.
La missione è stata preparata da tempo tramite incursioni segrete e mirate delle forze speciali, che sono anche penetrate nei tunnel di Hezbollah per raccogliere informazioni sulle postazioni e sulla consistenza dell’arsenale dei miliziani. Orfano di Nasrallah e alle prese con la successione del leader e la delicata organizzazione dei suoi funerali, il Partito di Dio ostenta sicurezza. «Siamo pronti al corpo a corpo con i soldati israeliani», avverte il numero due, Naim Qassem, assicurando i suoi che «Israele non riuscirà a raggiungere gli obiettivi». Anche l’Iran ha giurato vendetta. «Il sangue di Nasrallah — minaccia il generale Abdolrahim Mousavi, comandante in capo dell’esercito della Repubblica islamica — accelererà la caduta del regime di Israele e dei suoi leader».