Negli ambienti diplomatici e fra gli esperti di relazioni internazionali che popolano i think tank di Washington si nota «l’allineamento fra Usa e Italia su tutti i dossier». E una rinnovata sintonia, frutto anche delle prese di posizione del governo Meloni sui due dossier più caldi che interessano agli statunitensi: l’Ucraina e la Cina.
In questo contesto costruttivo il ministro degli Esteri Antonio Tajani lunedì inizierà a Washington una due giorni di incontri che avranno il cuore nel bilaterale con il segretario di Stato Antony Blinken e nel colloquio con la numero uno del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva.
Un abbinamento insolito per un ministro degli Esteri ma, si fa notare, Tajani indosserà i panni del vicepremier in alcune occasioni, e probabilmente la fermata alla sede dell’Fmi rientra in una di queste.
Al di là dell’allineamento con gli Usa, Tajani solleverà la questione della Tunisia e del maxi-prestito da 1,9 miliardi di dollari che l’Fmi non ha ancora staccato e che gli Usa osteggiano alla luce della svolta autocratica del presidente Saied, al potere dal 2021.
Su questo Italia e Stati Uniti hanno interessi contrapposti: Tajani solleverà nel bilaterale con Blinken la questione, il segretario di Stato, riferiscono alcune fonti, avrebbe voluto soprassedere ma non farà nulla per evitare la discussione ribadendo la linea statunitense.
Che pure era emersa chiara già qualche mese fa. I due ministri ebbero una telefonata il 28 marzo scorso. Nel comunicato diffuso dal Dipartimento di Stato si evidenziava «l’importanza di implementare rapidamente riforme economiche per affrontare le crisi del Paese e accordarsi con l’Fmi». Ma questa frase era attribuita solo al fronte americano.
La telefonata non si era conclusa in un clima del tutto sereno e le divisioni erano state smussate, riferiscono ambienti diplomatici Usa, nel comunicato. A metà marzo fra l’altro l’inviata di Blinken per la regione, Barbara Leaf, era stata a Tunisi ribadendo «il supporto Usa per un governo responsabile e democratico» al servizio del popolo.
Blinken offrirà a Tajani il “podio” per una conferenza stampa congiunta lunedì. Non è una cosa scontata ed è un segnale dell’attenzione che Washington attribuisce all’alleato italiano. Tuttavia, qualche segnale di attrito si è avuto tanto che questo incontro servirà anche al capo della diplomazia italiana per sintonizzarsi meglio con Blinken che ha legami più stretti con altre controparti europee.
Su Ucraina e Cina la sintonia è fine, Washington ha inteso che l’intenzione dell’Italia è quella di sganciarsi “politicamente” dalla Via della Seta cinese e non forzerà ulteriormente la mano. I tempi sono fissati, ma l’esito pare deciso, pur se ancora resta da valutare le modalità. L’Italia proverà anche a cercare un sostegno americano alla candidatura a Expo 2030, il voto Usa “pesa” come quello degli altri Paesi e non è scontato che oggi in un mondo polarizzato, sia un plus ma potrebbe comunque fare da traino.
Quel che fonti democratiche, comunque, sottolineano è che la visita di Tajani – e quella del ministro Guido Crosetto al Pentagono in programma il 23 giugno – arriva in un momento di fermento.
I timori per le scelte del governo conservatore-sovranista di Giorgia Meloni sono stati dissipati. La delegazione di deputati – rigorosamente bipartisan – capeggiata dallo Speaker della Camera Kevin McCarthy che ha visto la premier a Roma ai primi di maggio è rimasta «favorevolmente colpita». «Le aspettative erano basse – ha raccontato Jimmy Panetta, figlio dell’ex direttore della Cia, Leon, deputato democratico – e la stampa dipingeva scenari foschi, ma abbiamo tutti avuto un’ottima impressione».
Soprattutto sulla gestione del dossier Cina, Meloni è apparsa allineata con le preoccupazioni di un Congresso che sul contrasto a Pechino ha l’unico elemento di sintonia fra democratici e repubblicani.
E a Capitol Hill farà un salto anche Tajani martedì prima di partire per Città del Messico. Vedrà esponenti di spicco delle Commissioni Esteri di Camera e Senato.
Possibile anche un colloquio con McCarthy, anche se la rivolta della base repubblicana in queste ultime ore potrebbe far riscrivere l’agenda delle priorità dello Speaker.