Quella di ieri doveva essere la riunione decisiva per presentare la proposta di legge sulla cittadinanza, ma alla fine l’incontro dei gruppi parlamentari di FI di Camera e Senato ha prodotto l’effetto contrario: una retromarcia. Il testo non c’è, l’impianto presentato contiene buchi normativi e il partito deve affrontare una questione politica: la contrarietà degli alleati e di molti dirigenti al suo interno. La battaglia ferragostana del segretario si è trasformata in una farsa.
Tajani, che era in Germania, non si è presentato, ma la riunione è servita per presentare qualche slide generica con gli spunti di Forza Italia. L’idea del partito sarebbe quella di concedere la cittadinanza dopo un ciclo di studi di dieci anni, eppure in molti hanno sollevato diverse critiche di metodo e di merito. Ha cominciato il ministro Casellati sul creare dissidi all’interno dissidi del nucleo familiare. Le fa eco la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, che ha posto diverse questioni di merito sull’impossibilità di concedere a minorenni la cittadinanza, perché serve assenso dei genitori, o richiedendo criteri restrittivi sull’ottenerla semplicemente con un matrimonio in soli 3 anni? Ma l’osservazione è anche di metodo: Ronzulli ha espresso la sua contrarietà spiegando che la riunione del partito “andava fatta prima” di lanciarla in pasto ai giornali facendo irritare gli alleati e spiegando che ci sono altre “priorità” rispetto alla modifica della legge sulla cittadinanza, a partire dalla Sanità e dall’economia.
Anche altri dirigenti hanno posto obiezioni: la deputata Rita dalla Chiesa ha spiegato che non bisogna creare “discriminazioni tra bambini”, stessi dubbi di Catia Polidori. Molti interventi e poche risposte chiare. Nessuna da parte del gruppo dirigente se non quella imbarazzata del capogruppo alla Camera Paolo Barelli: “Riferiremo a Tajani”. Il testo non c’è e non sarà presentato a breve. Perché il rischio è quello di provocare uno scontro con Lega e FdI. La premier Meloni ha detto che “la legge che c’è va bene”, per Matteo Salvini la normativa “va bene così com’è”.
Così alla fine i vertici del partito devono fare prova di equilibrismo per nascondere la figuraccia. Barelli nega la realtà quando gli si chiede della contrarietà di Meloni: “A me non risulta”. Poi provoca FdI: “Nella scorsa legislatura erano favorevoli”. Fuochi fatui. La battaglia di FI per lo Ius Scholae è già ai titoli di coda: una boutade estiva di Tajani per far contenta la famiglia Berlusconi e poco più.