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23 Agosto 2024Meloni e il fantasma di un altro complotto: quello dei Berlusconi
23 Agosto 2024
Il vicepremier: non impongo, ma no a imposizioni. Il Carroccio: Silvio contro. E lui: non usatelo
Cesare Zapperi
RIMINI Sullo ius scholae ormai da giorni la maggioranza di centrodestra assomiglia ad una classe scolastica irrequieta e a tratti rissosa. Antonio Tajani e Matteo Salvini si danno battaglia con un batti e ribatti di dichiarazioni, battute, post sui social e video ripescati dall’oblìo mentre cresce l’insofferenza del partito della presidente del Consiglio (per ora silente sul tema) ma anche il timore che la polemica possa avere ricadute sull’esecutivo. Lo dice esplicitamente il capogruppo dei senatori leghisti Massimiliano Romeo: «L’insistenza di Tajani, visto che offre una sponda alle opposizioni su questa tematica, rischia di minare seriamente la stabilità del governo. Sinceramente a che pro facciamo fatica a comprenderlo».
Il palcoscenico del duello fra alleati negli ultimi due giorni è stato il Meeting di Comunione e Liberazione. Se il leader della Lega mercoledì si è sgolato per ribadire che lo ius scholae «non è nel programma di governo e quindi non esiste», ieri il segretario di Forza Italia ha declinato in tutti i modi possibili, da quelli più felpati a quelli più netti, che non torna indietro sull’idea di introdurre criteri meno rigidi per la concessione della cittadinanza italiana: «Essere italiano, essere europeo o essere patriota non è legato a sette generazioni prima. Preferisco uno che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli a uno che è italiano da sette generazioni e non canta l’inno. Chi è più patriota dei due?».
Il vicepremier azzurro risponde secco all’alleato leghista: «Non è che se un tema non è nel programma di governo non se ne può parlare. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualche cosa a me, quindi sono libero di parlare». E l’irritazione di Tajani cresce quando la Lega diffonde via social un video di un’intervista di parecchi anni fa in cui Silvio Berlusconi si dichiarava contrario allo ius scholae. «Ascoltate le parole – inequivocabili – del grande Silvio. Ius soli e ius scholae? No, grazie» il messaggio provocatoriamente lanciato dal Carroccio.
Il sì di Fini
L’ex leader di An: dico sì, non ho cambiato idea rispetto a quello che dicevo nel 2009
Il leader azzurro non si scompone: «Credo di conoscere bene il pensiero di Berlusconi e non credo debba essere utilizzato per fare polemiche politiche. Lui si riferiva ad un corso di studi di 5 anni, noi diciamo che serve un corso di studi completo, quindi la scuola dell’obbligo fino a 16 anni con il raggiungimento del titolo. Questa è una linea che garantisce molta più integrazione di quella prevista dalla legge attuale».
Il passato torna anche nelle parole dell’ex leader di An Gianfranco Fini: «Sulla cittadinanza io non ho cambiato idea e confermo tutto quello che dicevo allora», quando sposò una proposta di legge bipartisan per modificare le norme allora (e tuttora) in vigore. A destra, però, non la pensano così e lo ribadisce il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti.
Il tema è caldo. In attesa di conoscere la posizione esatta del ministro dell’Interno che sempre al Meeting mercoledì aveva usato una frase sibillina e, soprattutto, di capire quale sarà la reazione della premier Meloni, si registra un florilegio di dichiarazioni del fronte del centrosinistra (allargato ad Azione e Italia viva) che guarda con favore ad una riforma delle regole sulla cittadinanza, anche se si oscilla tra lo ius scholae e lo ius culturae. Si sta lavorando per mettere a punto una proposta di legge ma il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI) chiude tranchant: «C’è solo il solito scontro pregiudiziale tra le posizioni deliranti della sinistra e il governo».