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Protesta di Pechino: affermazione «estremamente sbagliata» Ma la Cina assicura: la porta aperta «non verrà più chiusa» Ripresi contatti fra gli eserciti, stop al fentanyl e impegno comune su clima e intelligenza artificiale
Una facciata per il mondo e una per il pubblico a casa. Joe Biden e Xi Jinping si sono cimentati nell’arte funambolica di mostrarsi allo stesso tempo aperti al dialogo con un rivale e fermi sui propri valori e interessi, cercando – una sorta di quadratura del cerchio – di avviare una relazione più distesa con l’altra principale potenza mondiale pur ostentando la propria superiorità morale. Almeno uno scivolone non poteva mancare ed è arrivato dal presidente americano, che ha confermato (cinque mesi dopo averlo detto la prima volta) che il leader cinese che aveva appena ricevuto per quattro ore in pompa magna in una tenuta a 40 chilometri da San Francisco è «un dittatore». Una frase destinata agli elettori Usa che in grande maggioranza gli chiedono di mostrarsi
“determinato” nei confronti della Cina, ma che Pechino ha subito denunciato come «estremamente sbagliata » e da contestare «con fermezza ». Eppure nessuno dei due ha lasciato che l’incidente guastasse il clima di dialogo instaurato durante l’incontro. Il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby ha assicurato che la Casa Bianca non ha «nessuna preoccupazione» che le «ottime discussioni, su molti argomenti» siano state compromesse. E lo stesso Biden ha conciliato i toni su X: «Signor presidente Xi, ci conosciamo da molto tempo. Non siamo sempre d’accordo. Ma i nostri incontri sono sempre sinceri, diretti e utili. Ieri non è stato diverso. Penso che sia fondamentale capirci chiaramente, da leader a leader. Ci sono sfide globali critiche che richiedono la nostra leadership congiunta », ha scritto. Anche Xi aveva sottolineato l’aspetto personale della sua relazione con il padrone di casa, sottolineando che data da oltre un decennio. E si è detto certo che i rapporti tra Cina e Usa continueranno ad espandersi: «Una volta aperta la porta alle relazioni bilaterali, non verrà più chiusa », ha affermato davanti a un gruppo di Ceo americani che ha cercato di convincere a investire nel suo Paese, che ha disperato bisogno di capitale straniero per continuare a crescere.
Il principale risultato dell’incontro è proprio che abbia ravviato i contatti in vista di un anno turbolento, con le elezioni presidenziali a Taiwan e negli Stati Uniti, e che possa creare un’abitudine al confronto bilaterale prima della prossima crisi. Un obiettivo mancato dopo il vertice a due a Bali dello scorso novembre, vanificato dall’apparizione di un pallone spia cinese nei cieli americani, che Biden aveva fatto abbattere, a febbraio. «Se uno di noi ha qualche preoccupazione dovremo prendere il telefono e chiamarci, e risponderemo alla chiamata», ha assicurato ieri Biden, senza nascondere che i due restano in disaccordo su molti punti, a partire dalla natura stessa delle relazioni tra i loro Paesi. Il capo della Casa Bianca ha affermato infatti che è necessario «garantire che la concorrenza non sfoci in conflitto» mentre Xi ha messo in guardia contro il concetto stesso di concorrenza, affermando che «la Terra è abbastanza grande perché i due Paesi possano avere successo». Gli annunci concreti, però, sono stati modesti. C’è il ripristino dei contatti diretti tra le due forze armate, interrotti dopo che l’allora presidente della Camera Usa Nancy Pelosi ha visitato Taiwan, l’isola autogovernata che Pechino rivendica come propria, nell’agosto 2022. Poi impegni cinesi per limitare la fornitura di precursori chimici per produrre il fentanyl, un oppioide sintetico che uccide oltre 100mila americano all’anno. Infine una dichiarazione congiunta d’intenti sul clima e la promessa di future discussioni sui pericoli dell’intelligenza artificiale. La Casa Bianca, ieri, ha aggiunto che Biden ha chiesto a Xi di usare la sua influenza sull’Iran in relazione alla guerra in Medio Oriente. «Non dobbiamo creare ostacoli di alcun genere al rispetto reciproco», ha concluso Xi. La prova dei fatti sarà la prossima crisi fra Cina e Usa.