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22 Marzo 2024NEWS
22 Marzo 2024Sfruttavano migranti per lavori nei campi a Siena, Grosseto e Arezzo: 5 indagati
Aldo Tani
La paga era di appena 6 euro l’ora. Corrisposta per giornate di lavoro massacranti, con turni infiniti. Una condizione disumana che proseguiva anche terminata l’attività nei campi, perché le strutture usate come dormitorio erano in condizioni igieniche precarie e in più fatte pagare a prezzi spropositati.
Una maglia stretta attorno a una settantina di migranti (alcuni dei quali costretti a vivere in regime di clandestinità) da un sodalizio criminale composto da cittadini marocchini e turchi. Aguzzini finiti nel mirino della procura di Perugia, che ha posto sotto indagine quattro persone, mentre una quinta è finita agli arresti domiciliari. Nel loro confronti l’ipotesi di accusa mossa dal procuratore Raffaele Cantone è di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con violazione delle leggi nazionali sul lavoro e della sicurezza sul lavoro. Gli indagati, legati da vincoli familiari, sono proprietari di due aziende nel Perugino.
I lavoratori agricoli erano impiegati tra l’Umbria, Arezzo, Siena e Grosseto. Gli inquirenti, coadiuvati dal Nucleo carabinieri ispettorato del lavoro, si sono mossi a seguito di una segnalazione partita da «Società cooperativa sociale» di Perugia che opera nel settore dell’assistenza sociale e dell’aiuto alle vittime di tratta e sfruttamento. L’avviso riguardava un cittadino nigeriano clandestino soggetto a sfruttamento lavorativo e abusi da parte degli indagati. Per smascherare l’attività illecita le indagini sono andate avanti un anno, cercando di raccogliere tutti gli elementi utili a chiudere il cerchio.
Da quanto emerso, i lavoratori venivano prelevanti dai dormitori, nello specifico casolari fatiscenti, stipati in furgoni e trasportati nei terreni agricoli. Non potevano vantare alcuni diritto garantito, come pasti, ferie pagate o riposi. Per non parlare della sicurezza sul lavoro, attestata da documentazione falsa presentata da uno dei titolari di una delle aziende agricole coinvolte. A questo proposito, la procura ha emesso un decreto di perquisizione contro il centro di formazione che aveva emesso i documenti, portando all’incriminazione della titolare e di due collaboratori per aver emesso certificazioni di sicurezza fasulle.
Sulla pelle dei lavoratori sfruttati, gli indagati erano riusciti a costruire un proficuo giro di affari. Nell’operazione sono stati sequestrati 230mila euro, oltre ai furgoni utilizzati per i traffici.
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