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di Massimo Gramellini
Oltre a un cognato del calibro di Lollobrigida, Giorgia Meloni può vantare anche un cugino come Antonio Gramsci. Dobbiamo la sensazionale scoperta ad Alessio Vernetti, analista politico di YouTrend, che si è trasferito per un lungo picnic sotto gli alberi genealogici di Ghilarza, comune di quattromila anime in provincia di Oristano. E lì ha potuto appurare come la nonna del fondatore del Partito comunista lasciato marcire in carcere da Mussolini avesse sposato in prime nozze il fratello della nonna della bisnonna dell’attuale premier di destra. Mi gira già troppo la testa per azzardare il grado preciso di parentela: me la caverò con «cugini alla lontana per via della bisarcavola», che in un Paese di familisti accaniti come il nostro è già un legame piuttosto stringente.
Dirà qualcuno: anche Berlinguer e Cossiga erano cugini. Vero, ma la distanza politica tra loro era poco più di un vicoletto, se paragonata al Gran Canyon che separa Gramsci e Meloni. I quali, giusto per completare l’arco costituzionale, risultano imparentati anche con entrambi i Letta: lo zio Gianni e il nipotino Enrico, Forza Italia e Pd. Altro che premierato forte, siamo alla maggioranza bulgara, anzi sarda. In attesa di capire chi esercita l’egemonia culturale sugli altri (ma un sospetto ce l’ho), tornano alla mente le parole definitive di Ennio Flaiano: «In Italia è impossibile fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti».