La magistrata accusata dal governo: “Non mi lascio condizionare dalle mie idee” Il marito lavora in tribunale: “Puntano a indebolire le sentenze”
«Ma davvero mi hanno chiamato scafista in toga? Mi viene quasi da ridere». Ieri mattina, al rientro in ufficio dopo un weekend di fuoco, Iolanda Apostolico si sfoga con una collega. Se la pressione su di lei non fosse così alta (e basterebbe l’intervento censorio della premier) scapperebbe anche da ridere. Ma la giudice che ha “osato” non convalidare il trattenimento dei primi richiedenti asilo sottoposti alla procedura accelerata di frontiera è finita sulla graticola. Accusata di aver firmato un provvedimento condizionata da un’appartenenza politica che non ha, come testimonia il fatto che in trent’anni di carriera non ha mai avuto una tessera di nessuna corrente della magistratura. Sono bastate le simpatie politiche del compagno, Massimo Mingrino, funzionario del Palazzo di giustizia di Catania addetto alla formazione del personale, perché la destra partisse all’attacco della giudice additandola come una toga rossa pronta a picconare gli ultimi decreti adottati in tema di immigrazione.
«Sono più che serena, mi conoscete, non ho mai scritto alcun provvedimento condizionato dalle mie idee. Le mie motivazioni sono esclusivamente tecniche e giuridiche e sono sicura che reggeranno al vaglio della Cassazione. E comunque non avrei mai pensato che potessero arrivare a tanto», ha confidato ieri Iolanda Apostolico alle colleghe che le hanno espresso la massima solidarietà dopo i violentissimi attacchi lanciati dai più alti livelli delle istituzioni, dalla premier Meloni a Matteo Salvini. Proprio sulle parole del leader della Lega che annuncia una interrogazione parlamentare sul caso e invoca una riforma della giustizia, Iolanda Apostolico è andata a fare una rapida ricerca su google. «Ha ripetuto esattamente le stesse parole che ha usato contro i colleghi del tribunale dei ministri che hanno chiesto l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti per il caso Diciotti».
Quello che proprio l’ha lasciata senza parole è stata la caccia alle streghe in famiglia, sulla scorta delle simpatie politiche di sinistra di cui il compagno non ha mai fatto mistero. Cinquantanove anni, originaria di Cassino, trasferitasi da oltre 20 anni a Catania dove ha messo su famiglia con Massimo Mingrino, tre figli, un passato nel penale nel settore delle misure di prevenzione, Iolanda Apostolico è poi passata al civile nella sezione speciale immigrazione presieduta da Massimo MariaEscher, insieme alla colleghe Marisa Acagnino e Stefania Muratore. «Non voglio entrare nella polemica né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale». Come dire, chi ha qualcosa da obiettare sul mio provvedimento lo faccia nella sede appropriata, la Cassazione appunto, a cui ieri il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha confermato l’intenzione di voler ricorrere.
A casa Apostolico-Mingrino, ci si prepara a resistere all’attacco politico- mediatico senza scendere nell’agone. «L’obiettivo di tutti questi attacchi ignobili – fa sapere il marito della giudice – è quello di indebolire la forza giuridica del provvedimento. Aspettiamo serenamente che la situazione si sgonfi, anche perché di politico in questa scelta di mia moglie non c’è assolutamente nulla».
A fianco della giudice si schierano indignati l’associazione nazionale magistrati e i colleghi, a cominciare da Marisa Acagnino (lei sì di Md)che con Iolanda Apostolico condivide il lavoro della sezione. «L’unica cosa di cui Iolanda è preoccupata, come me per altro– dice – è la gogna ingiustificata e ingiustificabile e la deriva antidemocratica di questo Paese. Davanti ad una giudice mai iscritta alle correnti della magistratura, nota per il suo equilibrio e per non essersi mai fatta condizionare da niente e nessuno, si va a scavare nei social del compagno. Ma dove è finita la libertà in questo Paese?».
Se Iolanda Apostolico, alle prime avvisaglie di polemica, domenica ha blindato il suo profilo Facebook, dal quale risulta che segue la pagina della ong spagnola Open Arms e che ha condiviso una pagina con una mozione che chiedeva la sfiducia a Salvini dopo il caso Diciotti, così non ha fatto suo marito Massimo Mingrino che negli ultimi anni ha pubblicato post assai critici contro la politica in tema di immigrazione degli ultimi governi, senza per altro risparmiare quelli di sinistra. «Minniti, Salvini, Lamorgese, una sequenza senza interruzione – scrive Mingrino nel 2021 – istituzioni che lasciano crepare migliaia di persone in mare mentre imbarcazioni della Guardia costiera languono nei porti spesso e volentieri con i motori accesi. Potrebbero salvare centinaia di vite ogni giorno».