ROMA — Non li hanno visti arrivare, convinti di avere il comparto in mano. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il cognato d’Italia ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, dopo aver stretto un asse fortissimo, quasi simbiotico, con Coldiretti, erano convinti di reggere all’urto del malumore degli agricoltori: ma alla fine il vento delle contestazioni iniziate in Germania e in Francia contro la Politica agricola comune (Pac) è arrivato, e dalle campagne siciliane fino alle aziende della pianura Padana la protesta è esplosa.
Un movimento nato dal basso, molto spontaneo, che ha nel mirino Bruxelles e i vincoli della nuova Pac, ma anche una catena di valore che offre una remunerazione sempre più bassa alla terra: appena 6 centesimi su un prezzo di vendita di un euro per i prodotti trasformati, secondo stime di Ismea precedenti alla pandemia. Dopo il Covid è arrivata la guerra in Ucraina, che ha fatto impazzire i costi delle materie prime, dall’energia ai fertilizzanti, con aumenti superiori al 60%, mentre la siccità prima, e le alluvioni dopo, falcidiavano i raccolti. Ecco perché nel mirino di piccoli e medi agricoltori sono finiti le grandi associazioni di categoria, che non hanno battuto i pugni sul tavolo quando due anni fa sono state varate le nuove regole delle politiche agricole, e il governo di destracentro, che non ha fatto nulla o quasi per sostenere le tantissime aziende in difficoltà. Sotto accusa soprattutto l’associazione più potente e influente a Palazzo Chigi: non a caso in fretta e furia la Coldiretti guidata da Ettore Prandini ha smontato i gazebo alla Fieragricola in corso a Verona per andare a partecipare alla manifestazione di ieri a Bruxelles.
In Italia gli agricoltori che in questi giorni bloccano strade e autostrade e annunciano proteste nella Capitale, non vogliono bandiere di nessuna associazione. E infatti non sono governati, se non dai soliti agitatori che provano a metterci il cappello: ci ha provato la Lega di Matteo Salvini, ma con scarso successo. Ieri però a Bruxelles Coldiretti non temeva ifischi dei “trattori” italiani, che lì non c’erano. I connazionali in piazza, non molti, facevano capo a un movimento di piccoli agricoltori che si riconoscono nella sigla “La Via Campesina”, e che promuovono l’agricoltura biologica, si oppongono agli Ogm e agli accordi di libero mercato. E che hanno osservato con un certo stupore il “capovolgimento” della posizione della principale organizzazione agricola italiana, che ha abbracciato con convinzione le ragioni di quella protesta che fino ad allora aveva dribblato, riuscendo, insieme ai rappresentanti di Copa- Cogeca, la principale federazione agricola europea, e dei GiovaniAgricoltori Ue, a farsi ricevere dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, a differenza di tutti gli altri manifestanti senza sigle, che, dopo settimane di cortei, sono rimasti fuori.
Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, rivendica i risultati raggiunti: Von der Leyen, «con il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha assunto primi impegni rispetto al piano “Non è l’Europa che vogliamo” che abbiamo presentato », ha spiegato ieri sera. Difficile sapere se quest’iniziativa basterà a ricucire il rapporto di fiducia con la base. Anche perché i piccoli agricoltori si sentono abbandonati da tuttie anche il governatore Luca Zaia, ex ministro dell’Agricoltura che ha la sua base elettorale tra i coltivatori veneti, è in difficoltà: «Non faccio l’avvocato difensore ma è onesto dire che Coldiretti in questi anni ha fatto un buon lavoro. Spero non diventi una guerra tra agricoltori, altrimenti vince ancora l’Europa».
Ma è questo il punto: chi sta protestando ha piccole aziende agricole e si sta organizzando autonomamente, con chat e passaparola, nei territori. Non hanno il merito di una regia nemmeno i soliti agitatori di piazze che stanno saltando fuori: dal leader del movimento dei Forconi, e No Vax, Danilo Calvani, ai rossobruni di Marco Rizzo e Gianni Alemanno, ma anche Roberto Fiore di Forza Nuova, tutti impegnati ad aizzare la protesta via social. Tra la Puglia e l’Abruzzo sono nati i Comitati riuniti agricoli, in Lombardia ed Emilia Romagna sono i produttori di riso sul piede di guerra per il divieto della Pac di bruciare i resti del raccolto. In Sicilia e Calabria i produttori di ortaggi e frutta protestano contro la grande distribuzione, che compra a prezzi da fame. Tutti, da Nord a Sud, contestano la scelta del governo Meloni di togliere l’esenzione per l’Irpef agricola.
Le altre due grandi organizzazioni italiane, Confagricoltura e Cia, contestate dai “trattori”, ma in misura minore rispetto a Coldiretti, a cui si imputa una eccessiva vicinanza al governo, per il momento hanno espresso comprensione nei confronti delle ragioni dei manifestanti. Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ieri ha anche espresso apprezzamento per le assicurazioni della Commissione Ue, definendole «un primo passo verso una politica agricola della Ue più attenta alle esigenze degli agricoltori ». Mentre la Cia, che ha avviato già da ottobre, per proprio conto, una forte protesta nei confronti delle politiche di Bruxelles, ma anche di Palazzo Chigi, si mostra molto più scettica, bollando come insufficiente il compromesso offerto dalla Ue sull’obbligo di tenere a riposo il 4% dei terreni.