Una dedica che il destino finì col tingere ancor più di poesia, e che al tempo stesso allude al rapporto tortuoso e problematico tra il poeta di Casarsa e la sinistra italiana. Ma anche se Pasolini scoperchiò tante tematiche «politicamente scorrette» per la sinistra e che sarebbero potute piacere alla destra (aborto, famiglia, tradizione), dai missini fu invece osteggiato con una violenza che spesso debordò nell’odio. A questa duplice incomunicabilità, seppur di intensità molto diversa, è dedicato un libro di prossima uscita, Una lunga incomprensione. Pasolini tra Destra e Sinistra, scritto per Vallecchi da Aldaberto Baldoni e Gianni Borgna, due intellettuali di sponde opposte che coltivarono con Pasolini un rapporto di reciproca simpatia.

Un libro che condisce l’ormai corrivo «visto da destra e visto da sinistra» con una ricca sequenza di episodi pieni di sapore e di significato. Pasolini visse un rapporto di amore e odio col Pci, partito al quale si iscrisse nel 1947 nonostante il fratello fosse stato ucciso dai partigiani comunisti; dal quale fu presto espulso dopo l’accusa di corruzione di minorenne, e che lo tenne sempre a debita distanza. Ma all’inizio degli Anni Settanta, anche se il Pci lo considera ancora un eretico («Pasolini non legge più un libro dai tempi di Lombroso e di Carolina Invernizio», scrive Maurizio Ferrara), i giovani della Fgci iniziano a frequentare lo scrittore, sono accanto a lui in manifestazioni pubbliche e in conversari privati, nella casa dell’Eur di Pasolini. E uno di quei dialoghi viene pubblicato da Roma giovani: «Il 1968 – esordisce uno dei ragazzi – ha introdotto nuovi costumi tra i giovani…». Pasolini lo interrompe: «Dici parole puramente retoriche». E suggerisce di impadronirsi della televisione: «Ci sono stati da parte del partito intrallazzi e taciti assensi. Bisogna andare a Canzonissima e impedire che si faccia la trasmissione». I ragazzi non seguono i consigli di Pasolini ma lo ammirano e lui ricambia: annuncia che alle elezioni comunali di Roma darà la preferenza proprio a Borgna. E proprio lui, ai funerali di Pasolini, accetterà di pronunciare un’orazione funebre.

Di natura molto diversa il rapporto tra Pasolini e la destra. Negli Anni Settanta Baldoni era caposervizio Interni al Secolo d’Italia e i suoi suggerimenti di non criminalizzare un personaggio che riprendeva temi cari alla destra era liquidato dai superiori senza perifrasi: «Pasolini? Comunista e frocio!». Erano anni in cui l’Msi non esisteva sui giornali e dunque le proiezioni dei film di Pasolini diventavano l’occasione per i giovani di destra per farsi un po’ di «pubblicità» grazie a trafiletti sempre uguali: «Gazzarra fascista davanti al cinema…». Ma Baldoni sperimentò la delicatezza d’animo del poeta. Una volta, contando di non essere riconosciuto, andò a seguire un dibattito nel quale parlava Pasolini, che riconobbe Baldoni, ma non disse nulla: «E quelli erano anni in cui, se avesse suggerito la mia presenza, per me sarebbe finita male».

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