La marcia di Calenda e Renzi verso Meloni semplifica le cose al Pd
25 Novembre 2022Sacro e contemporaneo nelle nuove opere di Karin Kneffel a Roma
25 Novembre 2022di Marco Zatterin
«È una manovra sbagliata. E se così rappresenta la destra, anche la destra è sbagliata». Mentre Maurizio Landini parla, batte la mano sul tavolo e segna il ritmo della parata del suo dissenso per la prima legge di bilancio del governo di Giorgia Meloni. «Non ci hanno ascoltato», lamenta il segretario della Cgil. Critico, è dire poco. «Non sono andati a prendere i soldi dove i soldi ci sono», comincia. Dice che «questa è una manovra che colpisce i più poveri e accresce la precarietà reintroducendo i voucher». Poi «premia gli evasori e con la Flat Tax aumenta l’iniquità del sistema fiscale». Quindi «non interviene sulla pandemia salariale e non aiuta chi ha bisogno di lavorare». Un fiume in piena. «Non sostiene la sanità, la scuola e il trasporto locale. Non modifica la legge Fornero. Cambia il meccanismo di indicizzazione in essere per le pensioni, senza consultarci. È priva di una strategia di politica industriale ed energetica capace di affrontare la riconversione digitale e verde». Risultato: se ne parla con Cisl e Uil e ci si prepara ad andare alla mobilitazione. «Nel giro di poche settimane e con creatività».
Segretario, dice «non ci hanno ascoltato». Dovevano?
«Proprio perché il momento è uno dei più difficili di sempre, abbiamo proposto al governo che con questa legge finanziaria si avviassero riforme vere, coinvolgendo il mondo del lavoro, ragionando su interventi fondati su qualità e sicurezza sul lavoro, su nuove politiche di sviluppo. Non sulla precarietà».
Pensava che avrebbero accettato?
«C’è stato un incontro e un impegno a valutare le nostre proposte. Poi sono arrivati dei provvedimenti decisi senza sentire la nostra opinione. Non è questo il metodo giusto. A parole sono stati disponibili. Nei fatti si sono comportati come molti in passato. Raggiunta l’intesa nella maggioranza hanno deciso di imporla senza alcuna mediazione sociale».
Come è andata?
«Le misure della legge di Bilancio muovono in una direzione diversa dai bisogno reali. Delineano l’arretramento del nostro paese. Nel momento in cui bisogna unire, loro propongono l’autonomia differenziata. Quando servirebbe fraternità e solidarietà, cancellano il Reddito di cittadinanza e premiano gli evasori. Il messaggio è che i furbi sono quelli evadono».
Il cuneo fiscale: per Confindustria l’intervento non è rilevante. Per voi?
«Si proroga la decontribuzione già ottenuta con il governo Draghi. Sembrano Totò che vende la Fontana di Trevi».
In realtà la alzano dal 2 al 3 per cento.
«Un punto in più sino a ventimila euro sono in media 12 euro lordi. Noi avevamo chiesto il 5 per cento perché chi lavora deve recuperare una mensilità. In aggiunta, un meccanismo automatico, il recupero del fiscal drag. Avevamo proposto di detassare gli aumenti nei contratti nazionali, e di assegnare loro attraverso la via legislativa un valore generale sancendo così un salario minimo e diritti normativi per tutte le forme di lavoro. Non c’è traccia di tutto ciò. Invece ecco i voucher. E la Flat Tax: a parità di reddito un dipendente paga il 43 per cento e un autonomo il 15 per cento».
È stato scritto che il governo strizza un occhio agli evasori. È d’accordo?
«Di più. Il fisco è un elemento fondamentale di cittadinanza. È un patto su cui si regge il paese che ha più di 100 miliardi di evasione annui. Non si può non affrontare. È una cultura sbagliata, uno schiaffo in faccia a chi ha pagato le tasse. Se vogliamo offrire più diritti e più sanità, il fisco deve essere giusto».
La Flat Tax cancella la progressività?
«È un grave errore anche questo. Non hanno dichiarato guerra agli evasori. Siamo ancora ai condoni mascherati. Così il paese arretra. Combattere l’evasione vuol dire tracciare tutti i pagamenti e non invece aumentare la circolazione del contante. Nell’era digitale si può fare. Manca la volontà politica. Lo si vede chiaramente».
Da cosa?
«Dalla tassa degli extraprofitti che si è fermata al 35 per cento e non recupera i miliardi che si potrebbero. E da salari e pensioni più tassati delle rendite finanziarie. Sono mosse che favoriscono i ricchi e diffondono la povertà».
Il governo ha decretato che il Reddito di cittadinanza non funziona.
«Abbiamo presentato proposte per migliorarlo, loro lo stanno cancellando. Hanno preso tempo per arrivare nel 2024 e buttarlo via. Già adesso non si poteva rifiutare una proposta di lavoro. Ma deve essere una proposta congrua e dignitosa. Oltretutto il reddito è familiare, non individuale. Dimenticano che creare lavoro vuol dire aiutare anche chi ha solo la terza media e non va bene un impiego pur che sia. È sbagliato. Cancellare il reddito non è una politica attiva del lavoro».
I voucher non aiutano?
«In questo Paese si è fatta una battaglia contro i voucher. Avevamo raccolto milioni di firme per abrogarli. Di fatto ora si torna alla liberalizzazione. Questo implica che nell’agricoltura, nel turismo e nei servizi, si sostituisce il lavoro contrattuale e garantito con un semplice voucher. Si aumenta la precarietà! E quando una persona deve costruirsi un percorso pensionistico con forme di lavoro sottopagate vuole dire che non avrà la pensione. Questi tornano indietro. Riportano le persone e il lavoro a essere una merce che può essere comprata e venduta!».
L’Opzione donna varia a seconda del numero dei figli. Bene o male?
«Un altro errore. Bisognerebbe riconoscere alle donne che hanno avuto dei figli un anno di contributi per figlio, come se avessero lavorato. Cambiare il requisito dell’Opzione donna è discriminatorio. La maternità è una scelta libera che non può essere penalizzata».
Propongono di superare la Fornero con Quota 103.
«Una grande presa in giro. Si va da quota 100 a 103, e la riforma Fornero è sempre lì, uguale a prima. Addirittura, adesso incentivano chi in pensione non vuole andare. Non modifica in modo strutturale il quadro normativo. Non pensa alla pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere. Non si riconosce la diversa gravosità del lavoro e le differenze di genere. Una furbata che peggiora in certi casi la legge Fornero. E non è l’unica».
Qual è l’altra?
«Si è modificato il meccanismo di indicizzazione delle pensioni, senza alcun confronto preventivo coi sindacati. Lo Stato risparmia 3,5 miliardi mentre sono dieci anni che chiediamo un meccanismo di indicizzazione per tutelare il valore reale dei vitalizi. Con il governo Draghi ciò era stato deciso. Questo governo peggiora la situazione».
E sforbicia la sanità.
«Proprio così. Invece dovrebbe investire. Bisognerebbe rendere stabili i precari e puntare sulla sanità pubblica. Lo stesso Pnrr prevede investimenti per consolidare le strutture pubbliche e costruire sul territorio. Ridurre la spesa per la sanità pubblica vuol dire avere in testa di aprire a quella privata. Si mette in dubbio la tenuta delle singole regioni che hanno speso di più durante la pandemia e rischiano di dover tagliare i servizi».
Ma dove li prendiamo i soldi?
«Dove ci sono. Bisogna tassare tutti gli extraprofitti e chiedere un contributo straordinario di solidarietà a chi ha fatto profitti in tutti i settori per contribuire al bene comune. Invece non si sostengono i salari, non si crea nuova occupazione e il conto lo pagano le persone che hanno tenuto in piedi questo Paese».
Suggerisce una patrimoniale?
«Sto parlando di un contributo straordinario di fronte a una situazione senza precedenti».
Governo senza visione?
«I provvedimenti per l’energia arrivano sino a marzo. Se continua la guerra che si fa dopo? Che iniziative si stanno prendendo? Che scelte per renderci autonomi, con un piano energetico fondato sulle fonti rinnovabili? E sul piano delle politiche e delle scelte economiche?».
Il Ponte sullo Stretto è necessario?
«Abbiamo bisogno di autostrade digitali che connettano l’Italia. Il Ponte non mi sembra l’esigenza di un Paese che ha bisogno di infrastrutture materiali, sociali come asili e scuole, sanitarie come gli ospedali. Il resto sono bandierine, specchietti per le allodole».
La preoccupa l’opposizione frantumata?
«Sono preoccupato perché vedo a rischio la tenuta democratica del Paese. Quando il 40 per cento dei cittadini non va a votare, vuol dire che quasi metà Paese non si sente rappresentato. Dobbiamo tornare a occuparsi delle persone come non è stato fatto negli ultimi anni. Il governo ha il diritto di governare, l’opposizione deve fare il suo dovere. Io faccio il sindacato e voglio che il governo ci ascolti. Ora non resta altra strada che mobilitarsi».
Si torna in piazza?
«Nei prossimi giorni proporremo queste valutazioni a Cisl e Uil. Considereremo tutte le iniziative necessarie a sostegno delle nostre richieste per apportare i cambiamenti necessari».
Vi ascolteranno, ora?
«Hanno preso 12 milioni di voti. Non metto in discussione la legittimità di chi ha vinto le elezioni. Ma non rappresentano la maggioranza del paese. Non possono fare come gli pare. L’ascolto è mediazione e contrattazione con le parti sociali. Si erano impegnati, e non è avvenuto. Ora lo rivendichiamo con pieno diritto».
«I provvedimenti per l’energia arrivano sino a marzo. Se continua la guerra che si fa dopo? Che iniziative si stanno prendendo? Che scelte per renderci autonomi, con un piano energetico fondato sulle fonti rinnovabili? E sul piano delle politiche e delle scelte economiche?».
Il Ponte sullo Stretto è necessario?
«Abbiamo bisogno di autostrade digitali che connettano l’Italia. Il Ponte non mi sembra l’esigenza di un Paese che ha bisogno di infrastrutture materiali, sociali come asili e scuole, sanitarie come gli ospedali. Il resto sono bandierine, specchietti per le allodole».
La preoccupa l’opposizione frantumata?
«Sono preoccupato perché vedo a rischio la tenuta democratica del Paese. Quando il 40 per cento dei cittadini non va a votare, vuol dire che quasi metà Paese non si sente rappresentato. Dobbiamo tornare a occuparsi delle persone come non è stato fatto negli ultimi anni. Il governo ha il diritto di governare, l’opposizione deve fare il suo dovere. Io faccio il sindacato e voglio che il governo ci ascolti. Ora non resta altra strada che mobilitarsi».
Si torna in piazza?
«Nei prossimi giorni proporremo queste valutazioni a Cisl e Uil. Considereremo tutte le iniziative necessarie a sostegno delle nostre richieste per apportare i cambiamenti necessari».
Vi ascolteranno, ora?
«Hanno preso 12 milioni di voti. Non metto in discussione la legittimità di chi ha vinto le elezioni. Ma non rappresentano la maggioranza del paese. Non possono fare come gli pare. L’ascolto è mediazione e contrattazione con le parti sociali. Si erano impegnati, e non è avvenuto. Ora lo rivendichiamo con pieno diritto».