Simonetta Sciandivasci
Camille Paglia è una femminista inassimilabile. Per alcune e alcuni, inammissibile. Ha sempre detto di non aver mai aderito a nessun “gruppo”, incarna e pratica il femminismo che si può chiamare al singolare senza sbagliare, senza premettere distinguo, e che è pensiero della differenza.
«Il sesso è una categoria della natura, è il naturale dell’uomo e non c’è mutamento sociale che possa modificare la natura»: lo scriveva nel 1990 nel suo libro più famoso, Sexual Personae, che prima di uscire – per la Yale University Press – venne rifiutato da sette editori, poi diventò un successo mondiale, David Bowie disse che era uno dei suoi libri preferiti di sempre, e in Italia è stato ripubblicato da poco da Luiss University Press con la traduzione di Daniele Morante.
Sul sesso e sul corpo che è prigione e «prova del fascismo della natura», Paglia non ha cambiato idea. Come su nient’altro, tranne che, dice ora a La Stampa, «Su Re Lear, che prima liquidavo come noioso, e ora invece insegno spesso». Dall’insegnamento (alla University of the Arts di Filadelfia), alcuni suoi studenti qualche anno fa chiesero, senza successo, che venisse estromessa e poi definitivamente licenziata: aveva definito l’omosessualità «una sfida alla norma». Lei, la prima studentessa lesbica di Yale a fare coming out; allieva del grande critico Harold Bloom, che nel canone letterario occidentale aveva incluso una sola donna, Emily Dickinson; atea, di sinistra, amatissima dai conservatori, contestatissima da quasi tutti gli altri. «Sono una mutante, ma la natura esiste, piaccia o no agli accademici».
Ha criticato le Femen e Derrida («Per me la D francese è Deneuve!»); Madonna e Beyoncé. L’hanno preoccupata sempre: l’odio o anche solo la diffidenza verso i maschi, che ha sempre denunciato come trasfigurazioni paternalistiche del femminismo; la mancanza di una educazione alle immagini nelle scuole; la sottovalutazione degli archeologi, per lei «più importanti di Foucault»; il #Metoo che, agli esordi, sulla rivista Quillette, definì «un nadir della politica», dicendosi preoccupata per il clima paranoico e di giustizia sommaria che andava addensandosi.
Risponde a tutte le domande tranne che a quella su Jacinda Ardern, la premier neozelandese che si è dimessa dall’incarico poche settimane fa, perché «Conosco poco la sua storia, i quotidiani americani lavorano male sulla politica estera».
Lei una volta ha detto: «Se andate a casa di un uomo, significa che avete intenzione di fare sesso; in caso contrario portatevi un coltello». Lo pensa ancora?
«Sì. Credevo che la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta avrebbe messo fine al doppio standard paternalistico secondo cui le donne sarebbero più “pure” e meno audaci degli uomini. Ogni incontro che facciamo nella vita è una complessa transazione sociale, uno scambio di segnali verbali e non verbali. Gli uomini gay lo capiscono perché sono più aperti alle avventure sessuali. Molte donne etero, chiaramente, no».
Nel 1975, la scrittrice Giuliana Ferri scrisse che le donne volevano dare una misura più morale che fisica alla terra. È ancora un’ambizione valida?
«Le donne non hanno una maggiore moralità rispetto agli uomini. Semplicemente, commettono atti immorali in modo più discreto, meno visibile».
In Italia riponiamo molta fiducia nel fatto che le due principali leader politiche, la premier Meloni e il capo dell’opposizione Schlein, sono donne.
«Regine e imperatrici sono sempre esistite. Ma l’ascesa al potere politico di donne indipendenti è un incredibile passo in avanti dell’età moderna, peraltro avvenuto nel giro di un secolo, con una relativa rapidità».
Ha contribuito fornire nuovi modelli. La convince anche la Mattel che fa Barbie ispirate a donne esemplari, in carriera, e non più semplici bamboline magre ricche e bionde?
«Fornire alle ragazzine dei modelli di donne in carriera va benissimo. La Barbie però ha sempre le sue belle gambe, è una bambola, e non potrà mai non rappresentare un’immagine distorta e feticista di come dovrebbe essere il corpo di una donna: una cosa fuorviante per molte ragazze».
Il femminismo si è fatto assorbire dal capitalismo?
«Sì. Il femminismo della seconda ondata si è trasformato in un atteggiamento da tenere sul lavoro: è diventato un carrierismo da classe medio-alta. Sono poche le femministe occidentali che pensano agli enormi problemi, anche mortali, che devono affrontare le donne nelle società rurali del terzo mondo».
È però importante che ci si occupi delle discriminazioni in Occidente. Crede che aiuterebbe a superarle se guardassimo l’altro come persona slegata dal genere?
«Il genere è soltanto uno dei molti elementi che formano la personalità di un individuo. Perciò sono d’accordo con l’idea che si possa indicare un terzo genere sui documenti, una X. Lo Stato non ha alcun diritto di imporre ai cittadini di rientrare in due generi prestabiliti».
Che significato ha la differenza sessuale, ora, per lei?
«Lo stesso significato che le ho sempre dato: la vedo come un’espressione del fascismo della natura. Natura che, nella sua spinta fanatica verso la procreazione, non rispetta gli individui. Io non mi sono mai sentita femmina. E non mi sento neanche maschio, sebbene già da bambina mi piacesse vestirmi da uomo: ricordo i meravigliosi costumi di Halloween della mia infanzia, da Napoleone, da gladiatore, da torero della Carmen. Sexual Personae è la mia opera più importante e rappresenta una protesta nei confronti della scellerata tirannia della natura, che ci impone un genere, attaccando un frammento di Dna ad ogni cellula del nostro corpo. Lo scrittore americano Gor Vidal diceva che nella sua testa leggeva Sexual Personae con la voce di Myra Breckinridge, la sua eroina transessuale».
J.K. Rowling è accusata di essere transfobica perché ha ribadito che le donne non sono “persone con utero”: sono donne. Perché è diventato discriminatorio quello che negli anni Settanta era un punto chiave del femminismo e cioè rivendicare la differenza femminile a partire dal corpo femminile?
«Nei corsi di “Studi di donne e di genere” nati negli anni Settanta non si studiava biologia, cosa con cui non mi sono mai trovata d’accordo. Poi, sul finire degli anni Ottanta, è spuntata la teoria queer postmoderna, a sostenere, stupidamente, che per definire la realtà sessuale basta il linguaggio. Di conseguenza, la seconda ondata femminista si è trovata impreparata a questa disputa».
In Sexual Personae lei scrive che «costruire è la poesia sublime del maschio».
«Nella preistoria cercavamo riparo nelle caverne. Sono stati gli uomini a costruire le prime case di legno e poi i magnifici monumenti in pietra dell’antichità, per finire con i fantastici grattacieli di oggi. Le femministe però non riconoscono agli uomini la loro genialità, il loro duro lavoro. Come ho scritto, se la civilizzazione fosse stata lasciata alle donne, vivremmo ancora in capanne col tetto d’erba».
La civilizzazione coincide con la libertà?
«Per me la libertà coincide con la libertà di pensare e di muovermi. Amo guidare: guidare ha permesso alle donne di muoversi da un posto all’altro liberamente e velocemente. E l’auto è un prodotto del genio maschile».
Lei ha fatto più volte scandalo. Si è mai sentita censurata? Le succede, adesso, di subire ostracismo?
«Do scandalo fin dall’adolescenza! Sexual Personae è stato rifiutato da sette editori. Negli anni Novanta, se andavo a fare una lectio pubblica nei college, spesso c’erano proteste. Quel libro rimane escluso o bandito dal 99 per cento dei corsi di studi di genere in tutto il mondo».
Cosa accadrebbe se perdessimo il mistero che secondo lei avvolge la sessualità femminile e che è «la ragione principale delle catene che l’uomo ha imposto alla donna»?
«Non sarebbe possibile, perché a essere avvolta nel mistero è l’origine stessa della vita, ovvero il mondo buio del grembo, delle ovaie. Quel mistero è stato la causa di crimini terribili, incluse le atrocità commesse da Jack lo Squartatore».
Perché facciamo sempre meno figli?
«Da sempre, nei periodi di sovrappopolamento e diminuzione delle risorse, la natura mette un freno silenzioso alla fertilità, ridimensionandola. Gli esseri umani sono semplici pedine sulla scacchiera della natura».
Cosa di quello che chiamiamo “femminile” è naturale e cosa è costruzione sociale?
«La femminilità comincia dalle mani delle donne, più piccole; dalla pelle più liscia per un fatto ormonale. Da cose, cioè, che i neonati trovano più di loro gradimento. E poiché le donne più mascoline e aggressive, come me, si riproducevano meno di frequente, i loro geni si sono gradualmente diradati dall’avanzamento evolutivo, e il risultato è stato un aumento, un rafforzamento della polarità di genere. Invecchiando, gli uomini si ammorbidiscono, anche fisicamente, mentre le donne diventano più mascoline, come la Sibilla Cumana di Michelangelo».
A proposito di uomini che invecchiano: Biden ha 80 anni, gli Stati Uniti sembrano sempre di più una gerontocrazia.
«Biden avrebbe dovuto candidarsi nel 2016, quando era vicepresidente. All’epoca però è stato fermato da Obama per motivi misteriosi, probabilmente per favorire Hillary Clinton. Adesso sembra mezzo addormentato: la marionetta di sua moglie e dello staff della Casa Bianca».
Cos’è il potere?
«Gli esseri umani, come le api, costruiscono intricati alveari. Il potere non è che un principio dell’organizzazione sociale, e permette alle specie di progredire. Ma quando le società diventano troppo complesse, e sono soffocate dalla burocrazia (come sul finire dell’Impero romano), ecco: lì rischiano di crollare».
È vero che l’Occidente è ammalato di vittimismo?
«Il vittimismo è un melodramma patologico simile a quello presente nell’estremismo religioso, con il martirio e la spettacolarizzazione del sangue. Troppe ragazze, oggi, sono ossessionate dalle proprie stigmate».
Il sacro è scomparso?
«Il marxismo, che è ancora il credo dell’attuale borghesia accademica, è sprovvisto di metafisica. Bada solo all’economia e alla politica, ed è cieco verso il cosmo. Gli anglo- americani degli anni Settanta, una generazione ribelle, erano fieramente politicizzati, ma ricercavano anche il significato filosofico delle cose. Purtroppo quella grandiosa ricerca è stata distrutta dalle droghe».
Cosa pensa di Papa Francesco?
«I papi moderni non mi interessano. Sono atea, mi definisco italiana, pagana e cattolica. Sono devota ai santi, alcuni dei quali all’inizio erano dèi pagani».
Com’è il futuro che sogna?
«Non sogno il futuro. Sto ancora studiando l’ascesa e la caduta delle grandi civiltà del passato. Una saga tragica, ricca di avvertimenti per il presente».
Cosa la rende felice?
«La musica. Una fonte costante di ispirazione quando scrivo. Mentre scrivevo il capitolo su Emily Dickinson in Sexual Personae, ho ascoltato incessantemente la Madama Butterfly di Puccini».