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Nel territorio senese non sta crescendo soltanto il numero dei bisognosi: sta cambiando la natura stessa della povertà. È questo l’aspetto più rilevante e più inquietante che emerge dai dati e dalle testimonianze della Caritas, dei sindacati e dei servizi sociali. Una trasformazione profonda, che segna una rottura rispetto al passato e chiama in causa direttamente le scelte economiche e sociali degli ultimi anni.
Oggi chiedono aiuto persone che fino a poco tempo fa non si sarebbero mai definite povere. Lavoratori con un contratto, pensionati, famiglie italiane radicate nel territorio, cittadini che hanno sempre vissuto di redditi regolari. Non si tratta più soltanto di marginalità estrema o di fragilità croniche, ma di una povertà diffusa e ordinaria, prodotta dall’aumento simultaneo dei costi fondamentali della vita: casa, energia, cibo, servizi.
Il nodo abitativo è diventato il vero punto di rottura. A Siena l’affitto è ormai il primo fattore di esclusione sociale. La pressione turistica e universitaria, unita alla carenza di alloggi a canone sostenibile, ha spinto i prezzi oltre la capacità reale delle famiglie. Quando la casa assorbe metà del reddito, basta un aumento delle bollette o una spesa imprevista per scivolare rapidamente nell’emergenza.
L’inflazione ha aggravato ulteriormente il quadro. Non è una variabile astratta, ma una forza che incide ogni giorno sulla vita concreta delle persone. Il carrello della spesa non è più lo stesso: prodotti di base diventano inaccessibili, rinunce che si sommano, qualità della vita che si riduce. Come segnala la Cgil, i salari e le pensioni restano fermi mentre i prezzi corrono. È qui che la povertà smette di essere episodica e diventa strutturale.
Un segnale particolarmente allarmante è la normalizzazione dell’aiuto. Le mense piene ogni giorno, il sostegno continuativo per pagare luce e gas, non sono più risposte temporanee ma interventi permanenti. La rete solidale regge, ma lo fa supplendo a un vuoto di politiche pubbliche. Intanto il ceto medio, per decenni asse portante della tenuta sociale senese, si assottiglia senza clamore.
Questa realtà pone una questione politica netta. Non bastano l’emergenza e la buona volontà del volontariato, per quanto indispensabili. Servono scelte strutturali: politiche per l’abitare, un sostegno reale ai redditi da lavoro e da pensione, un controllo dei costi essenziali. Senza queste leve, la povertà rischia di diventare una condizione accettata, privatizzata, scaricata sugli individui.
Siena, città di istituzioni forti e di grande capitale culturale e sociale, è oggi uno specchio fedele di una crisi più ampia. I segnali sono chiari e arrivano da più fronti. Ignorarli significa accettare una lenta deriva verso una società più fragile e diseguale. Affrontarli, invece, significa riconoscere che la nuova povertà non è un destino personale, ma una responsabilità collettiva.





