La storia di Sara Khademalsharieh è la storia di come in cento giorni un’intera generazione di iraniani ha preso la parola sfidando la teocrazia al potere e rivendicando il proprio diritto di scelta. Enfant prodige degli scacchi, la prima a guadagnarsi il titolo di gran maestra femminile e di maestra internazionale, Khademalsharieh si è presentata senza velo al mondiale in corso ad Almaty, in Kazakhstan, nonostante la Repubblica Islamica lo imponga a tutte le sue atlete anche in trasferta all’estero. Le immagini di lei che guarda in camera con i capelli lunghi che scorrono sul maglione, i gomiti appoggiati sul tavolo di gioco, sono state pubblicate da due giornali, Khabarvarzeshi ed Etemad , e hanno presto fatto il giro della rete: un gesto che è stato naturalmente interpretato come di solidarietà con il movimento pro-democrazia, che da più di tre mesi scuote le fondamenta della Repubblica Islamica.
Khademalsharieh, più conosciuta come Sara Khadem, non è nuova a prese di posizione politiche, nonsempre in opposizione al sistema. Nel 2016, quando l’Iran si preparava a ospitare per la prima volta il torneo internazionale di scacchi, e alcune atlete si rifiutarono di partecipare in protesta contro le violazioni dei diritti delle donne, Sara difese la competizione: «Boicottarla non aiuterà le atlete iraniane. Al contrario», disse. Due anni fa invece contestò l’uso del velo obbligatorio, e fu convocata dalle autorità.
Khademalsharieh ha iniziato a giocare quando aveva 8 anni, a 12 era già campionessa del mondo. «Ero solo il terzo iraniano ad aver vinto quel titolo. Dopo è diventata una professione per me», raccontò qualche anno fa ad Al Jazeera , negando che ci fossero «molte differenze » tra uomini e donne che volessero giocare a scacchi in Iran. È sposata con Ardeshir Ahmadi, regista e presentatore iraniano-canadese finito nel mirino delle autorità per motivi poco chiari nel 2015. Noto per i suoi documentari sulla musica pop e rap, e per le interviste su YouTube anche a personaggi politici di rilievo, fu arrestato il 26 dicembre 2014 e poi rilasciato su cauzione dopo essere rimasto tre mesi nel carcere di Evin.
Le proteste che dalla morte di Mahsa Amini attraversano l’Iran sono una delle sfide più audaci alla leadership dalla rivoluzione del 1979 e hanno coinvolto iraniani di ogni classe ed estrazione sociale, con le donne in primo piano. Diverse atlete si sono unite al movimento come la scalatrice Elnaz Rekabi che ha gareggiato in Sud Corea senza velo, salvo poi smentire di averlo fatto volontariamente, sotto la pressione delle autorità. A novembre, un’arciera iraniana ha dichiarato di non essersi accorta che il suo hijab le era cadutodurante una cerimonia di premiazione a Teheran, dopo che era apparso un video che la mostrava senza velo in quella che era stata considerata una dimostrazione di sostegno ai manifestanti.
Secondo Human Rights Activists News Agency , i manifestanti uccisi sono più di 500, di cui 69 minorenni. Anche 66 membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi negli scontri. Più di 18mila persone sono state arrestate. Due ragazzi di 23 anni sono stati giustiziati, e almeno altri 11 rischiano la pena di morte. Ma nonostante tutto il presidente Raisi ha ribadito che la Repubblica Islamica «non mostrerà misericordia» verso «i nemici».