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30 Maggio 2024
La carica tentata da Menia (FdI). La sfida dell’opposizione che viola l’obbligo del Senato
Marco Cremonesi
ROMA Si fa presto a dire che «il premierato divide». Perché nel giorno in cui cambia la fisionomia del «semestre bianco», lo scontro fisico evitato per un pelo nell’aula del Senato, aveva poco a che fare con l’elezione diretta del premier. Ma per tutto il giorno Palazzo Madama ribolle. Al mattino, parte una carica a testa bassa di Roberto Menia contro il dem Filippo Sensi. In serata, entrano in azione dei «descamisados». Non i liberali spagnoli del 1820 né i peronisti degli anni Cinquanta ma i senatori d’opposizione che costringono così l’aula alla sospensione: in Senato, la giacca è obbligatoria.
Protagonista dello show della mattinata, Roberto Menia da Fratelli d’Italia. Destra senza se e senza ma: in anni lontani fu l’unico esponente del Msi a votare contro la trasformazione in An. Dopo un intervento dello stellato Ettore Licheri che già aveva agitato l’aula, interviene da Avs Peppe De Cristofaro. Menia dà segni di impazienza: «Avete rotto i cogl…». Filippo Sensi lo fa notare alla presidenza, ma Menia la prende male: scatta dai suoi banchi diretto contro il senatore dem. Il questore Antonio De Poli ne intercetta la traiettoria ed è quello che nella collisione se la vede più brutta: quasi vola per aria. Altri focolai di scontro si accendono e la presidente di turno Anna Rossomando non può che sospendere la seduta. Il presidente titolare, Ignazio La Russa incarica i senatori questori di mettere a punto una relazione sull’accaduto e convoca i capigruppo. Ma anche là dentro, in sala Pannini, a giudicare da quanto filtra fuori della porta, i toni sono accesi.
La colpa, secondo Menia, sarebbe stato il posteriore del capogruppo dem Francesco Boccia: «Ostentatamente, per dieci minuti e oltre, è stato in una posizione sconveniente mostrando il posteriore alla maggioranza e al governo». Per chi non lo credesse, Menia fotografa le terga di Boccia. Il quale, s’indigna: «Mentre eravamo riuniti con gli altri presidenti di opposizione ero di spalle all’Aula, accade spesso nell’organizzazione dei lavori. Ma ciò è accaduto mezz’ora prima dell’aggressione di Menia». Insomma: «La menzogna è il rifugio della viltà, non vorrei che fosse questa la strada». Scintille anche tra Boccia e il capogruppo FI Maurizio Gasparri. Con il dem che ricorda i cento anni dall’ultimo discorso di Matteotti per dire che «alle parole non si può reagire con le aggressioni». Un accostamento che per Gasparri «espone al ridicolo» chi lo sostiene.
Ma in aula, si apprende anche da Alberto Balboni che FdI «quando si arriverà a discutere la legge elettorale proporrà un sistema in cui il potere di scegliere gli eletti verrà riconsegnato agli elettori e non a cinque o sei leader».
Poi, in serata, il collega dem Alessandro Alfieri contesta duramente il «canguro», il contingentamento dei tempi della discussione per poi annunciare «un segnale che non ha a che fare con la violenza verbale né fisica. Ci togliamo la giacca». Marco Lombardo, di Azione, dissente. Ma la seduta viene di nuovo sospesa. Commento social di FdI: «La sinistra migliora. Quando era al governo toglieva le mutande agli italiani. Ora si limita a levare la giacca a se stessa».
Alla fine, però, sono approvati gli articoli 3 e 7 della riforma. Con una novità significativa: il presidente della Repubblica potrà, a riforma in vigore, sciogliere le Camere anche durante il semestre bianco, i sei mesi che precedono la fine del suo mandato. Sempre che lo scioglimento sia «atto dovuto». E cioé, per la sfiducia con mozione o per le dimissioni del premier.