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Giulio Gori
«Quella delibera è stata un disastro. Aver impedito alle case di cura private di operare i pazienti di altre regioni italiane ha significato, per il sistema sanitario pubblico, dilapidare un patrimonio che calcoliamo in 50 milioni di euro all’anno». A denunciare «il grave errore» della delibera 1220 promulgata dalla Regione Toscana nel 2019, è Francesco Matera, presidente di Acop, l’associazione coordinamento dell’ospedalità privata. La norma, siglata dall’allora direttrice dell’assessorato alla Salute, Monica Calamai, aveva stabilito che per ricucire sulle liste d’attesa operatorie e dare massimo spazio ai pazienti toscani, le cliniche private convenzionate avrebbero dovuto bloccare gli interventi sui non toscani. Ma, visto che la Regione anticipava i soldi per quegli interventi, per poi essere rimborsata ogni biennio dalle Regioni di provenienza dei pazienti, secondo Acop, il risultato è che, da un lato, la Regione non può più incassare la differenza tra quanto nominalmente versato alle cliniche private e quanto effettivamente incassato (di più) e, dall’altro, nel bilancio da presentare al governo non può più elencare le cifre ricevute tra i crediti.
In una fase storica in cui la Regione ha un enorme disavanzo (che il governatore Giani ha calcolato in 500 milioni di euro), quella cifra — che Acop calcola in 100 milioni ogni biennio, 150 in tutto a fine anno — avrebbe aiutato. E, aggiunge Matera, «non dimentichiamo che le liste d’attesa non sono state ricucite e, quindi, tanti toscani si operano altrove, allargando il debito della Toscana. Dalla Regione emerge che l’assessorato sta lavorando alla modifica di quella delibera e che proprio in questi giorni se ne sta quantificando l’impatto economico negativo. Sarà una delle prossime riforme della sanità, che si aggiungerà a quelle del 118 e della guardia medica, attese da mesi, che tuttavia non saranno calendarizzate in giunta neppure il prossimo lunedì.
Dall’assessorato regionale alla Salute, arriva però una precisazione sulle polemiche che si sono scatenate negli ultimi giorni attorno alla questione del disavanzo del bilancio della sanità. Almeno su un punto la Toscana sembra infatti aver già imboccato un percorso virtuoso, con la riduzione delle spese farmaceutiche: se nel 2015 la nostra Regione era tra quelle che spendevano di più per le medicine ed era quindicesima nel ranking nazionale di Aifa, l’agenzia del farmaco, nel 2020 è salita al decimo posto e nei primi 5 mesi del 2022 al quinto. «Il trend è positivo — spiega Claudio Marinai, responsabile del settore Assistenza farmaceutica e dispositivi della Regione — In questi anni abbiamo fatto un grande lavoro per passare ai farmaci biosimilari, sui prodotti che avevano perso il brevetto, e abbiamo migliorato l’efficienza del frazionamento del plasma, che ci permette di avere una maggiore quantità di farmaci ematologici. Non solo, sulla vitamina D, ad esempio, spendiamo 5 euro pro capite, contro molte altre Regioni che arrivano a 20». Certo, aggiunge Marinai, «il problema della crescita dei prezzi dei nuovi farmaci è importante, ma possiamo farci poco quando Aifa li approva».
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