Una smentita che è una conferma quella del ministro Valditara dopo la levata di scudi contro la sua proposta di pagare gli insegnanti diversamente a livello territoriale in base al costo della vita. Ha infatti dichiarato: “Non è mai stato messo in discussione il contratto nazionale del mondo della scuola, non ho mai parlato di compensi diversi fra Nord e Sud; ho solo riportato una problematica sollevata da alcune regioni riguardo il differente costo della vita nelle diverse città italiane. Insieme con sindacati e regioni si ragionerà anche di questo aspetto, per cercare soluzioni adeguate in favore di docenti e personale scolastico”.
Quindi l’ipotesi rimane sul tavolo. Il ministro non mette in discussione il contratto nazionale, ma cercherà il modo, e i fondi, per aggiungere qualcosa ai compensi stabiliti a livello nazionale nelle città in cui il costo della vita è più alto. Dove sta la smentita? Immagino che altri dipendenti statali si metteranno legittimamente in fila per chiedere lo stesso trattamento. Le gabbie salariali eliminate dal settore privato verranno reintrodotte nel settore pubblico, con lo Stato, cioè noi, che finanzierà indirettamente il più elevato costo della vita nelle città e regioni più ricche, invece di migliorare la qualità del welfare, dei trasporti, delle scuole e dei servizi per l’infanzia, della sanità, la cui inadeguatezza spesso abbassa la qualità della vita nelle zone a costo della vita (per quanto riguarda alcuni beni di mercato come l’abitazione o gli alimentari) più basso. È paradossale che uno Stato che non è capace di fornire servizi pubblici fondamentali in quantità e qualità omogenea sul tutto il territorio nazionale pensi di usare il differenziale nel costo della vita (di mercato) come criterio per definire i compensi. Posto che poi sia facile individuare aree omogenee per costo della vita senza cadere vuoi in una frammentazione impossibile da gestire, vuoi nell’accorpamento di situazioni molto differenziate.
Che gli insegnanti siano pagati troppo poco e abbiano una carriera e una progressione stipendiale piatta è vero. Ma lo è su tutto il territorio nazionale. Se si può e deve pensare ad una differenziazione retributiva, inoltre, deve riguardare la quantità di lavoro e responsabilità. Ad esempio, chi, lavorando in contesti difficili, ad alta intensità di povertà educativa, dedica più tempo al lavoro con gli studenti e alla costruzione di collaborazioni con la comunità circostante e con l’associazionismo per creare contesti favorevoli all’apprendimento, meriterebbe di essere pagato di più di chi, legittimamente, si attiene alle attività curriculari e all’orario contrattuale. Ragionare con i sindacati su come remunerare le diverse responsabilità e livello di impegno mi sembra un’operazione, certo anch’essa non esente da conflitti, ma certamente più coerente con i compiti di un ministro dell’Istruzione, degli insegnanti, della scuola, di una discussione sull’opportunità di compensare per gli insegnanti (e perché mai solo per loro?) le differenze nel costo della vita.