Più dei programmi dei partiti, traboccanti di promesse, pesa l’esperienza che le persone informate hanno dello stile di governo, delle scelte concrete, dei valori che davvero le muovono.
Nessuna esperienza abbiamo di Giorgia Meloni, probabile azionista di maggioranza del prossimo governo con Fratelli d’ Italia (FdI) che, non avendo mai governato il paese, appare la grande novità; essa ha però, speculare, l’obbligo di colmare la lacuna. Per l’imperizia dei Cinque Stelle “abbiam già dato”, meglio evitare il bis.
FdI non deve solo togliersi di dosso, senza acrobazie verbali, la greve puzza di un passato che ha disonorato l’Italia.
Deve mostrarsi davvero conscia del perché siamo un grande paese; quando l’Italia s’è chiusa ha fallito, nei tempi migliori abbiamo puntato sul coraggio di rischiare, sul lavoro per un futuro migliore, sulla speranza, che è sempre apertura all’altro.
Meloni fugge il tema dei rapporti con l’Europa; sa che, davanti all’alternativa secca, il paese non sceglierebbe il sodale Orbàn, ma la Ue, sola capace d’affrontare sfide – cambiamento climatico, pandemie, Ucraina, inflazione – troppo grandi anche per Stati più forti.
Da anni l’Italia vuol superare il diritto di veto che paralizza il Consiglio Europeo, Francia e Germania d’accordo: è pronta Meloni a rinunciare al diritto di cui anche Roma gode?
Una risposta netta a tale domanda scioglierebbe molti dubbi su cosa sia l’Europa delle Nazioni.
Su politica estera e di difesa comune, è FdI disposta a una cooperazione Ue rafforzata partendo da Francia, Germania e Spagna, come da tempo propone Romano Prodi? O preferisce una sovranità militare che non reggerebbe un giorno alla vera prova?
Il suo troppo recente, esibito atlantismo non gioverebbe se gli interessi europei divergessero da quelli Usa.
La Ue deve ridefinire, entro Dicembre 2023, il Patto di Stabilità e Crescita, sospeso per pandemia. Su che linea FdI convincerebbe prima Lega e Forza Italia, poi i partner Ue?
Il lavoro, posto dalla Costituzione a fondamento della Repubblica, non viene dallo Stato, ma dalle decisioni degli operatori, entro le norme con cui esso regola l’economia e amministra i suoi compiti.
A tal fine, su concorrenza e innovazione, anche nel pubblico, il governo Draghi, col ministro Vittorio Colao ha ben lavorato; s’impegna Meloni a non disfare quella tela?
Per finire, un punto sul grande, irrisolto tema del Mezzogiorno. Nel programma della coalizione, su spinta di Lega e Forza Italia, c’è l’autonomia regionale differenziata; nulla però dice il programma di FdI.
Su Domani Giuseppe Pisauro ha mostrato che essa creerebbe di fatto nuove regioni a statuto speciale, mascherando la secessione economica del ricco Nord.
Si faccia coraggio Meloni, chiarisca: col suo governo l’Italia resterebbe unita, o si spaccherebbe in due?