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A sostegno della mobilitazione dei lavoratori si muovono anche le istituzioni. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, «seguono con attenzione l’evolversi della situazione» e annunciano un incontro, oggi a Palazzo Civico, con rappresentanti sindacali e lavoratori. A Roma, invece, la mossa di Barachini è stata in qualche modo anticipata dalle parole di Ignazio La Russa: «Credo che le vostre preoccupazioni siano giustificate e che le proprietà abbiano diritto a cambiare, cedere, vendere, ma non di imporre linee di condotta univoche alla redazione – le parole del presidente del Senato rivolte al nostro giornale –. Sono a vostra disposizione, anche come intermediario, perché abbiate soddisfazione nelle risposte che attendete». Per il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, «La Stampa deve continuare ad avere proprietà trasparenti e solide. Per questo è necessario che, nel caso di un passaggio di proprietà, siano illustrati piano industriale e conseguenti garanzie occupazionali».
I partiti di opposizione chiedono al governo di intervenire e prendere posizione con maggiore forza.
«Non si può restare in silenzio – dice Elly Schlein –. Dopo anni di scelte finanziarie che hanno progressivamente indebolito l’azienda, si arriva oggi alla cessione a un soggetto straniero che non offre garanzie su occupazione, prospettive future, qualità e pluralismo dell’informazione». E il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, suggerisce un intervento energico: «Viene spesso evocato il Golden Power, utilizzato da questo governo per molto meno – sottolinea –. C’è da chiedersi se, di fronte a una delle più grandi aziende editoriali italiane, che rischia di essere ceduta senza garanzie a un soggetto estero, non sia necessario valutare seriamente anche questo strumento».
Dal Movimento 5 stelle è l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, ad andare all’attacco prendendo la parola nell’Aula della Camera: «Chiediamo un’informativa urgente al governo. L’informazione e i lavoratori non si tutelano restando in silenzio, perché si ritiene la famiglia Elkann intoccabile – avverte –. Intoccabili dovrebbero essere i diritti di lavoratori e lavoratrici, non la proprietà che da una parte stacca dividendi miliardari e dall’altra svende tutto».
Per Nicola Fratoianni di Avs «è il momento della chiarezza e delle scelte trasparenti, ne va della qualità della nostra democrazia».
Mentre Carlo Calenda è in modalità “ve l’avevo detto”: «Non è che ci volesse molto per predire che una volta venduti tutti gli asset industriali i giornali non avrebbero più avuto valore per tenere buona la politica e il sindacato – spiega il leader di Azione –. John Elkann è riuscito a distruggere in una generazione ciò che era stato costruito in 125 anni con un robusto contribuito dello Stato italiano». Azione ha anche annunciato un’interrogazione alla ministra del Lavoro Calderone. Una certa diffidenza sull’operazione la manifesta anche
Pier Silvio Berlusconi, che si definisce «stranito» dalla notizia della vendita: «È un peccato – dice l’amministratore delegato di Mediaset –. Il mercato è il mercato, ma, da italiano, il fatto che un pezzo di storia dell’editoria e del giornalismo del nostro Paese vada in mani straniere un po’ dispiace» .