Il presidente spinge perché Israele si limiti a raid mirati Poi sente il Papa e il G7 Cresce la presenza Usa per bloccare Teheran
NEW YORK — Da una parte, il Pentagono rafforza il dispositivo militare schierato in Medio Oriente; dall’altra, Washington preme su Israele affinché ritardi o moderi le operazioni di terra a Gaza. Sono due aspetti solo apparentemente contraddittori della stessa strategia, che punta prima ad ottenere la liberazione del maggior numero possibile di ostaggi, e poi a debellare Hamas senza scatenare una guerra regionale con l’Iran. Anche per togliere a Russia e Cina un argomento cruciale allo scopo di allontanare il Sud globale dall’Occidente. In quest’ottica, gli Stati Uniti hanno anche presentato una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per controbilanciare quelle già presentate (e bloccate dal veto) da Russia e Brasile.
Ieri il presidente Usa ha parlato al telefono con Papa Francesco. Secondo la Santa Sede «la conversazione, durata circa 20 minuti, ha avuto come argomento le situazioni di conflitto nel mondo e il bisogno di individuare percorsi di pace». Il capo della Casa Bianca ha ribadito su X che «Israele ha il diritto di difendersi. Allo stesso tempo, io e il premier Netanyahu abbiamo discusso di come debba operare secondo le leggi di guerra. Ciò significa proteggere i civili nel miglior modo possibile». Poi ha spiegato: «Non possiamo ignorare i palestinesi innocenti che vogliono solo vivere in pace. Ecco perché ho ottenuto un accordo per la prima spedizione di assistenza umanitaria per i civili a Gaza». Che ha aggiunto in serata – diventeranno «un flusso continuo». E ancora, «non possiamo rinunciare alla soluzione dei due Stati». Ai giornalisti che gli chiedevano se sta incoraggiando Netanyahu a ritardare le operazioni di terra, ha risposto così: «Sto parlando con Israele». Ieri infatti ha sentito di nuovo il premier. Il presidente poi si è riunito con il consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan, il segretario di Stato Blinken e quello alla Difesa Austin, e haparlato con i leader occidentali del G7 Meloni, Sunak, Trudeau, Scholz e Macron. Proprio il presidente francese andrà domani in Israele, preceduto oggi dall’olandese Rutte. LaCnnha confermato che Washington sta facendo pressioni per il rinvio, ed evitare attacchi preventivi contro Hezbollah in Libano che coinvolgerebbero l’Iran nel conflitto, nonostante gli israeliani smentiscano. Blinken ha detto che il rischio dell’escalation esiste, soprattutto a causa di Teheran e i suoi alleati, infatti il dipartimento di Stato ha chiesto al personale non essenziale di lasciare l’Iraq. Quindi ha aggiunto: «Israele non può tornare allo status quo, ma non ha intenzione di governare Gaza». Austin ha confermato invece che dopo lo schieramento di due portaerei e un gruppo di Marines, gli Usa intendono rafforzare le difese aeree nella regione, inviando sistemi antimissile ad alta quota (THAAD) e diverse batterie di Patriot. Inoltre ha annunciato la mobilitazione di altri soldati, senza specificare il numero e i reparti: «Questi passi rafforzeranno la deterrenza nell’area, aumenteranno la protezione delle forze statunitensi nella regione, e contribuiranno alla difesa di Israele».
Sono mosse complementari di un’unica strategia. Il primo obiettivo è guadagnare tempo per negoziare attraverso il Qatar il rilascio di altri prigionieri. Nessuno si illude che Hamas liberi i soldati israeliani, che vuole scambiare con suoi detenuti, ma la speranza è che stranieri e civili possano tornare. Il secondo obiettivo è che Israele elimini i terroristi con operazioni mirate, guidate dall’intelligence, invece di un intervento di terra su larga scala. Questo per limitare il più possibile le vittime civili, non alienare i palestinesi contrari a Hamas, non coinvolgere l’Iran, e tenere in vita il negoziato con l’Arabia per normalizzare le relazioni. In questo quadro si inseriscono le pressioni per evitare azioni preventive contro Hezbollah. Ciò serve anche ad impedire che Russia e Cina possano promuovere la versione secondo cui gli Usa e l’Occidente sono comunque schierati contro il Sud globale, attirandolo dalla loro parte.
Affinché questa strategia funzioni, è indispensabile che gli Usa ristabiliscano la credibilità della loro deterrenza. Così si spiega la mobilitazione del Pentagono, che non ha lo scopo di scatenare una guerra offensiva, ma di prevenirla, mettendo in guardia l’Iran, Hezbollah, e chiunque altro volesse attaccare Israele o le forze americane nella regione. In questo caso, Washington sarebbe pronta ad entrare in azione con la massima forza.