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Elon Musk è sempre più coinvolto Anche lui al telefono con Zelensky
Una cosa a Kiev non l’hanno dimenticata: senza Donald Trump ed Elon Musk, la capitale ucraina sarebbe caduta e l’intero Paese sarebbe passato nelle mani di Putin. L’assedio alla capitale venne spezzato decimando la colonna di carri armati russi, mentre la rete satellitare “Starlink” forniva copertura anche alle comunicazioni delle forze di Kiev che contro i blindati russi adoperavano l’arma che cambiò la storia del conflitto: i missili a spalla americani “Javelin”. A fornirgli fin dall’ottobre 2019 era stata l’amministrazione Trump, dopo che Obama si era rifiutato. Senza quelle armi Kiev sarebbe stata circondata e la resistenza non avrebbe avuto molte speranze. Già mercoledì, poco dopo essere stato certo di tornare alla Casa Bianca, il presidente eletto ha telefonato al leader ucraino Zelensky. I due cominciano a prendersi le misure. Ma accanto a “ The Donald” ad ascoltare e intervenire in viva voce c’era il nuovo mentore della politica estera Usa: Elon Musk. In campagna elettorale Trump ha promesso di fermare i due conflitti in Ucraina e a Gaza in 24 ore. Zelensky, rivela la testata online “Axios” che cita due fonti a conoscenza della conversazione, sarebbe stato rassicurato da Trump. Ma la notizia indica innanzitutto quanto sarà influente Musk nella
nuova presidenza, alimentando i dubbi sull’approccio che il presidente eletto avrà riguardo la guerra in Ucraina. La telefonata è durata circa 25 minuti e si è svolta senza gli interpreti. Secondo le fonti, dopo che Zelensky si è congratulato con Trump, il presidente eletto ha affermato che sosterrà l’Ucraina, ma non è entrato nei dettagli. Una delle due fonti ha precisato che Zelensky ha ritenuto positivo il fatto che la chiamata sia avvenuta neanche un giorno dopo la vittoria elettorale. Dal canto suo Musk ha confermato al presidente ucraino che continuerà a sostenere Kiev tramite i suoi satelliti Starlink.
Che l’approccio sia cambiato e nella capitale ucraina si preparino a una fase negoziale, lo lascia intendere l’ex ministro degli Esteri Kuleba, dimissionato da Zelensky, che in un editoriale per il Kyiv Independent esorta a non abbandonare i piani per la vittoria, ma «dobbiamo sempre prenderci del tempo per uscire dalle nostre “bolle informative” e vedere l’altro lato della realtà – suggerisce -, soprattutto in tempo di guerra. Se non lo facciamo, potremmo poi chiederci perché le cose non sono andate come ci aspettavamo». Il vicepresidente eletto JD Vance ha ipotizzato che il conflitto possa concludersi con il congelamento delle linee del fuoco.
Non meno ambigue sembrano i piani per il Medio Oriente. Netanyahu ha mandato subito un segnale nominando Yechiel Leiter, nato negli Stati Uniti, quale nuovo ambasciatore di Israele negli Usa. Leiter, funzionario governativo di lunga esperienza, è ritenuto come un campione delle politiche di occupazione illegale in Palestina. L’organizzazione che rappresenta i consigli degli insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata ha plaudito alla decisione precisando che lo stesso Leiter vive nell’area dell’insediamento di Gush Etzion, e pertanto è “un partner chiave”. Suo figlio
è stato ucciso l’anno scorso nella guerra a Gaza mentre prestava servizio nell’esercito israeliano. Da Ramallah, quartier generale dell’Autorità nazionale palestinese, commentano questi sviluppi con una battuta: «Trump ha parlato con Zelensky ed è in contatto con Tel Aviv, ma i nostri telefoni sono rimasti muti». Altre linee sono tornate roventi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivelato di aver chiesto al neo eletto presidente americano di prendersi la propria responsabilita’ e porre fine al conflitto in Medio Oriente. Il leader turco ha invitato Trump a riparare gli errori dell’amministrazione guidata da Joe Biden e usato anche una espressione turca «mettere le mani sotto la pietra», cioè farsi carico del proprio ruolo.