L’assedio di Gaza e la tregua senza il futuro
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Nella notte l’ultima firma a Doha scioglie i timori di un fallimento in dirittura d’arrivo. Dopo la sigla, ora mancano solo poche ore all’inizio della Fase 1 del cessate il fuoco: i 33 ostaggi israeliani verranno liberati in sei settimane, a fronte della liberazione di 1.700 detenuti palestinesi. L’accordo sugli ostaggi sembra ormai fatto, e nel pomeriggio sui media israeliani cominciano a trapelare cifre e nomi dello scambio “ostaggi con prigionieri”. Smentito anche il ritardo di un giorno, con lo slittamento a lunedì, della liberazione dei primi tre ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi che quindi inizierà come previsto domani alle 16, con la tregua che sarà già in atto dalle 12 e quindici locali. Dalle carceri israeliane, rivela per primo Times of Israel, verranno liberati 700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l’ergastolo, mille cittadini di Gaza catturati dopo il 7 ottobre durante i combattimenti nella Striscia di Gaza, e 47 prigionieri arrestati nuovamente dopo l’accordo per la liberazione del caporale Gilad Shalit del 2011. Ma ogni passo, pare di capire, sarà lento e difficile: la lista dei 95 detenuti palestinesi – uomini minorenni e donne secondo indiscrezioni di stampa – che verranno scarcerati nella prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas è stata consegnata al governo di Benjamin Netanyahu che la dovrà approvare. Proprio sull’inserimento nella lista di alcuni capi militari di Hamas si era rischiato giovedì sera l’incidente, poi ricomposto grazie ai mediatori egiziani e qatarioti. Ma anche alle pressioni di Joe Biden e soprattutto di Donald Trump che, attraverso il suo inviato in Medio Oriente Steve Witkoff, ha fatto sapere di volere l’intesa prima del suo insediamento. Un segnale per la nuova amministrazione della Casa Bianca, della volontà di una decisa svolta negli equilibri internazionali. Uno scambio con il “contagocce” e fra mille veti incrociati: secondo la stampa israeliana Hamas indicherà con 24 ore di anticipo i nomi dei rapiti che verranno liberati. I nomi, a quanto pare, saranno resi pubblici dal governo israeliano solo dopo che gli ostaggi – alcuni dei quali si ritiene siano morti – saranno stati consegnati alla Croce Rossa. Per
prime, domenica, saranno rilasciate tre donne civili. I capi terroristi di Hamas, fra cui Marwan Barghouti, non rientrano nello scambio, ma potrebbero essere rilasciati nella fase 2, rivelano fonti palestinesi.
Un fragile accordo che dà l’avvio al conto alla rovescia per l’attuazione del cessate il fuoco ma con il governo di Benjamin Netanyahu che cammina sempre più sulle “sabbie mobili”. L’annunciata spaccatura si è consumata nel pomeriggio di ieri, durante la riunione del Gabinetto di sicurezza con i due ministri di ultradestra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich che hanno votato contro l’accordo con Hamas sulla tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi. A favore tutti gli altri ministri. Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale e leader del partito Otzma Yehudit, ha assicurato che l’uscita dall’esecutivo sarà con il «cuore pesante» ma non è possibile fare altrimenti, dal momento che l’intesa è «disastrosa ». Tuttavia, ha aggiunto Ben Gvir, «se la guerra contro Hamas riprenderà con tutta la sua forza per raggiungere i suoi obiettivi» allora «torneremo al governo». Per adesso i suoi deputati daranno un appoggio esterno. Ancora più sfumata la posizione di Smotrich che pur votando no all’accordo resterà al governo con il suo partito Sionismo religioso. L’appoggio esterno, o condizionato, dei 13 deputati dell’ultradestra, con una maggioranza di 68 deputati su 120 alla Knesset, rappresenta un sì condizionato alla tregua. E facilmente revocabile. E la riunione del governo al completo per il sì definitivo, iniziata con tre ore di ritardo, si è protratta fino a notte.
Se decine di parenti di ostaggi hanno chiesto in una lettera a Netanyahu di impegnarsi pubblicamente affinché «tutte le fasi dell’accordo vengano portate a termine fino al ritorno dell’ultimo ostaggio», se secondo un sondaggio di Maariv il 73% degli israeliani è a favore dell’accordo, il premier durante la riunione del gabinetto di sicurezza ha riferito di aver «ricevuto garanzie inequivocabili» sia da Biden che Trump che se la fase 2 dell’accordo fallirà e Hamas non accetterà le richieste di sicurezza di Israele, «si tornerà a combattere intensamente con il sostegno degli Stati Uniti», ha riferito Ynet. Addirittura, dietro la decisione di Smotrich di restare al governo, la promessa di riprendere la guerra contro Hamas una volta conclusa la fase 1 dello scambio degli ostaggi con i prigionieri.
Un fragilissimo accordo che, per il premier Qatar al-Thani, rappresenta «l’ultima possibilità per salvare Gaza». Per l’Alta rappresentante Ue Kallas «un passo per la pace duratura ». Intanto, nella sua prima dichiarazione dopo l’annuncio del cessate il fuoco, il presidente dell’Anp Abu Mazen, ha detto che l’Autorità è pronta ad assumersi la «piena responsabilità » nella Striscia di Gaza quando sarà finita la guerra.
La fine dei combattimenti, per ora, sembra un miraggio: nelle ultime 24 ore, denuncia la Sanità di Hamas, 88 palestinesi sono morti a Gaza, portando il bilancio totale, in oltre 15 mesi di conflitto, a 46.876 morti. Un bilancio che si spera definitivo, mentre si contano le ore che mancano alle 12 e quindici di domani.