VARSAVIA — Niente “sindrome slovacca”: gli exit poll sono stati confermati. Ed è una primavera, per la Polonia. Anche dopo otto anni di sistematico smantellamento dei diritti, voltare le spalle al sovranismo si può. Secondo i risultati definitivi, l’alleanza dell’ex premier Donald Tusk ha conquistato la maggioranza assoluta dei voti: il 54%, ossia 248 seggi. Ma il primo partito resta quello del governo uscente, Pis (Diritto e Giustizia), che conquista il 35,4% delle preferenze e 194 seggi. Toccherà al presidente della Repubblica Duda – membro di Pis – decidere a chi dare l’incarico per primo. Saranno settimane che lasceranno l’Europa col fiato sospeso. Una Polonia che tornasse in Europa cambierebbe tutto, anzitutto nei rapporti con Orbán, che sarebbe ancora più isolato (al netto della Slovacchia sovranista e filorussa di Robert Fico).
Ma le prime grandi sfide, per Tusk, saranno interne. Anzitutto dovrà riesumare un sistema giudiziario distrutto. E nessuno lo sa meglio di Igor Tuleya. In questi otto anni di smantellamento del sistema giudiziario il suo è stato il volto della difesa dello stato di diritto. Migliaia di polacchi che sono scesi in piazza a difesa dei giudici portavano magliette con il suo viso bello, spigoloso.
Abbiamo appuntamento con Tuleya in un bar del centro. Mentre scegliamo un tavolo, due ragazzi si avvicinano e chiedono di stringergli la mano. Lo ringraziano per «quello che fa per la Polonia». Rimosso dal suo incarico, mobbizzato, strappato della sua immunità, Tuleya ha fatto ricorso per anni alla Corte di Giustizia Ue. E ogni volta il Tribunale europeo gli ha dato ragione. L’ultima volta a luglio. «Di nuovo – ci spiega – l’Europa ha mostrato l’illegittimità della Camera disciplinare». Una sorta di Inquisizione per i togati istituita daigoverni Pis presso l’Alta corte per rimuovere quelli scomodi.
Dopo i richiami europei, la commissione «ha cambiato nome ma non la sostanza». Ed è una delle pietre dello scandalo nel duello tra Varsavia e Bruxelles, uno dei motivi per cui la Polonia si è vista tagliare 35 miliardi di euro. Ce ne sono altre, di violazioni gravi: la Corte costituzionale, a dirne una, è stata riempita di giudici vicini a Kaczynski che nel 2020 hanno deciso il bando dell’aborto.
I ragazzi che lo hanno ringraziato lo hanno fatto sorridere. Ma quando cammina per strada, ogni tanto qualcuno lo insulta. Negli anni scorsi si è ritrovato la porta dell’ufficio imbrattata di escrementi. E un giorno il tribunale è stato sgomberato per una busta che sembrava contenere dell’antrace indirizzata a lui.
«Negli ultimi tempi, però, ho notato che qualcosa è cambiato, che sono molti di più i miei concittadini che mi fermano per esprimermi la loro solidarietà». Otto anni di guerra contro la giustizia hanno stancato anche i polacchi. E lo dimostra anche il voto di domenica. Le istanze politicizzate come la Camera disciplinare con cui Kaczynski ha infettato la giustizia «devono essere rimosse. Spero che Tusk, se diventerà premier, ci ascolti», conclude Tuleya.