Quattordici esperti invitano a tutelare il Servizio sanitario nazionale sempre più in difficoltà “Adeguare i finanziamenti agli standard europei , altrimenti è a rischio la coesione sociale”
La qualità della vita
Le diseguaglianze
Paolo Russo
Sempre più sottofinanziato, con medici e infermieri insoddisfatti e malpagati, un’assistenza territoriale non al passo con i bisogni della popolazione che invecchia e il divario tra Nord e Sud che aumenta. L’analisi è impietosa quanto è accorato l’appello a difesa della nostra sanità pubblica lanciato da 14 tra i maggiori scienziati italiani, tra i quali il Nobel per la fisica Giorgio Parisi, il grande immunologo Alberto Mantovani, il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli e il farmacologo Silvio Garattini.
Un parterre de rois unito nel dire che «non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico», ma che oggi i dati dimostrano quanto sia in crisi, causa «arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali». Molto «si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale agli standard dei Paesi europei avanzati. Ed è urgente e indispensabile, perché un Ssn che funziona non solo tutela la salute, ma contribuisce anche alla coesione sociale», affermano gli scienziati nel loro appello. Parole che seguono ai numeri pubblicati qualche mese fa dal Crea sanità, che nel suo rapporto annuale quantificava in 15 miliardi l’investimento necessario per avvicinare l’Italia al finanziamento medio dell’Ue per la sanità.
«Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 – ricordano gli scienziati – il Ssn in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito». Ma oggi di questa crescita non c’è più traccia e «questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica hanno reso fortemente sottofinanziato il Ssn, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil (meno di vent’anni fa). Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato».
Vedasi la nostra inchiesta di martedì sui tempi ancora biblici di attesa per visite e accertamenti diagnostici che finiscono per mettere in difficoltà economica 9 milioni di italiani, che per curarsi hanno contratto lo scorso anno un miliardo di debiti.
Continuare «su questa china, oltre che in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione, ci spinge verso il modello Usa – avvertono i firmatari – terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di 6 anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute. È dunque necessario – prosegue l’appello – un piano straordinario di finanziamento del Ssn e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali».
Per i 14 scienziati, il Servizio sanitario nazionale deve inoltre «recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute. Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su tre è stato costruito prima del 1940». Ma il grande patrimonio del Ssn è il suo personale. «Una sofisticata apparecchiatura – ricordano nell’appello – si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa». Per i 14 è però evidente che «le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili».
Mentre particolarmente grave – rimarcano- è la carenza di infermieri, in numero ampiamente inferiore alla media europea. Plaude il fronte medico, silenzio tra le schiere del governo.