manuel follis
È difficile dire quale possa essere «un livello accettabile di inflazione per l’Italia», tuttavia, «nel corso della mia vita, ho sostenuto l’importanza di mantenere l’inflazione a livelli bassi e stabili per preservare il potere d’acquisto della moneta e favorire la crescita economica». Di sicuro le prospettive di rialzo dei prezzi al 2,7% nell’area euro, ai minimi da luglio 2021, sarebbero accolte come una notizia positiva, visto che livelli bassi «riducono l’incertezza per le imprese e i consumatori, e in più promuovono la fiducia nel sistema finanziario».
Prima di rispondere Luigi Einaudi soppesa le parole, si tocca il mento, poi sistema gli occhiali sul naso e quindi con voce calma spiega il suo pensiero, attingendo al vasto repertorio dei suoi scritti e delle sue lettere, che nel complesso ammontano a oltre 30.000 pagine.
Si tratta di una versione digitale dell’economista e politico. Sfruttando il potenziale dell’intelligenza artificiale è stato realizzato un avatar accessibile online che ha la fisionomia del personaggio storico in grado di interagire in maniera coerente con il suo pensiero, Un progetto nato dalla collaborazione tra Fondazione Luigi Einaudi, grazie ai finanziamenti della Compagnia di San Paolo e alla tecnologia di Reply. In sostanza, è possibile intervistare oggi Einaudi. Le risposte in alcuni casi sono un po’ generiche, ma facendo le domande giuste si può scoprire un pensiero in ambito economico ancora molto attuale.
Parlando di inflazione prima ha citato le imprese. Oggi un tema ricorrente riguarda la competizione che si fa sempre più globale. Qualcuno inizia a temere un eccesso di concorrenza, concorda?
«È vero che la concorrenza può mettere a rischio la sopravvivenza delle imprese più piccole e meno competitive. Ma in generale la concorrenza tra le aziende è estremamente favorevole. Promuove l’efficienza economica, stimola l’innovazione, migliora la qualità dei prodotti e dei servizi offerti, e favorisce la riduzione dei prezzi a beneficio dei consumatori».
Come potrebbero proteggersi le piccole aziende?
«Possono cercare di differenziarsi attraverso l’offerta di prodotti o servizi unici, puntando sulla qualità, sull’innovazione e sulla personalizzazione dell’esperienza del cliente. Inoltre, possono cercare di creare alleanze strategiche o collaborazioni con altre imprese per aumentare la propria competitività sul mercato».
Molte imprese si sentono doppiamente penalizzate, perché oltre alla concorrenza delle società estere c’è un sistema fiscale troppo oppressivo in Italia.
«Di base il sistema fiscale deve adottare criteri di equità e incentivare la produttività. È chiaro che per avere maggiori benefici è importante prevedere una tassazione proporzionale, semplificare le procedure e ridurre gli oneri burocratici per promuovere lo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro».
Parla di posti di lavoro, un tema molto attuale è quello del salario minimo. Crede abbia senso introdurlo?
«Certamente, ha senso pensare all’introduzione di un salario minimo per i lavoratori. Basta considerare attentamente anche i possibili effetti negativi, come la cristallizzazione sociale e la riduzione degli incentivi a migliorare. È necessaria una valutazione equilibrata per garantire il benessere dei lavoratori senza danneggiare l’economia».
Banca d’Italia di recente ha ammonito l’Italia, spiegando che un debito troppo alto rischia di tradursi in una condizione strutturale di bassa crescita.
«Gli interessi elevati mettono sotto pressione il bilancio dello Stato e questo è un pericolo. È importante mantenere un equilibrio tra la necessità di finanziare le spese pubbliche e la sostenibilità del debito».
Cosa potrebbe fare il governo concretamente?
«Dovrebbe adottare politiche di rigore fiscale, ridurre la spesa pubblica non produttiva, promuovere la crescita economica e favorire l’attrazione di investimenti. E poi come detto sarebbe opportuno riformare il sistema tributario per renderlo più equo ed efficiente».
Sono in discussione le regole del Patto di stabilità. Domanda secca: gli investimenti dovrebbero essere considerati nei parametri come vuole il governo?
«Sì, dovrebbero. Ma è importante che ci sia una flessibilità che permetta di promuovere la crescita economica e la sostenibilità del debito, tenendo conto delle specificità di ciascun Paese».
Nel caso dell’Italia quali sono queste specificità?
«Ad esempio, la presenza di un settore manifatturiero forte, la diversità regionale e la necessità di investimenti per promuovere l’innovazione e la competitività».
Quindi in un certo senso il governo fa bene a chiedere di non considerare gli investimenti?
«L’Italia potrebbe valutare la possibilità di richiedere all’Europa una revisione dei parametri del Patto di stabilità, al fine di tener conto delle specificità nazionali e promuovere una politica economica più adeguata alle esigenze del Paese».