di Nadia Terranova
Se quella che ho visto sparire dentro quel muro è la coda di un gatto nero, allora è proprio dall’altra parte che devo andare, pensò Carmen. O almeno così sarebbe stato prudente: evitare come la peste i gatti, tanto più se neri, tanto più se femmine. Non era tempo di gatte randagie o bambine vagabonde, non era tempo di creature femminili per le strade di Palermo. Tutt’e due, se proprio volevano starsene in giro dopo il tramonto, era meglio non dessero nell’occhio. Certo, se fosse stata incline alla prudenza Carmen sarebbe apparsa molto diversa dalla bambina furtiva e zingaresca, stretta dentro un mantello da uomo, che si avvicinava da sola alla chiesa di Santa Chiara. Se fosse stata un’altra bambina, l’inizio di questa storia l’avrebbe colta vestita di tutto punto tra mamma e papà, al calduccio di una casa o al fresco di un giardino con indosso un lungo abito blu e un colletto di pizzo bianco a stringerle la gola. Quella bambina rigida e impuntata avrebbe portato una fascia per tenere indietro i capelli, con una mano avrebbe stretto un ventaglio di piume mentre l’altra accarezzava una preziosa collana di corallo rosso di Sciacca. Ai piedi avrebbe indossato scarpine morbide e ben allacciate. Nel grembo di quella Carmen tranquilla e ricca che non esiste, si sarebbe accovacciato un cagnolino pettinato e pulito, uno di quegli animali docili e un po’ inebetiti che non danno fastidio a nessuno e sanno starsene quieti, immobili e in posa per i ritratti di famiglia. Ma la prudenza è la cosa meno divertente che c’è, insieme alla docilità, ai colletti di pizzo e ai ritratti di famiglia.
Questa storia comincia invece con una bambina libera come il vento e zozza come la pece, vestita di stracci sotto un mantello damascato e i piedi nudi incrostati di strada fin dentro le unghie, che cammina per le vie di Palermo e si guarda dai pericoli senza rinunciare all’avventura. Quanto ai cagnolini, se gli umani non li agghindassero troppo rendendoli ridicolmente simili a loro stessi, saprebbero essere divertenti, ma quella sera, nei pressi di Santa Chiara, non ce n’era in giro nemmeno uno. Forse erano già tutti a cuccia nelle case calde e nei giardini freschi dei padroni, chissà. In compenso sotto la torre c’era un gatto, per di più nero, per di più femmina, e scappava per nascondersi dentro una crepa sul muro della torretta proprio sotto gli occhi di Carmen. Certe storie iniziano così, con due personaggi che anziché incontrarsi corrono in due direzioni diverse. Se quella che ho visto sparire dentro quel muro è la coda di un gatto nero, allora è proprio dall’altra parte che devo andare, pensò Carmen. Ma non fece in tempo a finire il pensiero che piccoli rumori chiesero la sua attenzione: erano voci di sussurri e suggestioni, sussurri e sussulti, sussurri e basta. Psss psss psss, mmmrrr mmmrrr mmmrrr, blzz blzz blzz. Carmen si fermò e drizzò le orecchie. Se fosse stata una gatta avrebbe drizzato anche i baffi e la coda, ma non avendo né gli uni né l’altra si limitò a irrigidirsi come un’antenna scossa da un vento nuovo e sconosciuto, un vento che non stava in nessun manuale dei venti. Il mantello che aveva addosso le lasciò le spalle nude, svolazzando come se qualcuno le avesse soffiato su tutto il corpo; una bocca potente e profonda spostava l’aria e, più su, spingeva le nuvole di qua e di là. Psss, mmmrrr, blzz. Quelle voci non stavano da nessuna parte, in nessun manuale delle voci. Non ricordavano a Carmen nessun suono sentito prima. Ipnotiche e leggere, somigliavano più a una danza che a un rumore. Somigliavano a un circolo di donne che ballavano abbracciate. Sì, senz’altro erano voci femminili in coro, che stavano creando onde di venti in rincorsa.
Blzz, mmmrrr, psss. Mmmrrr, mmmrrr. Un ciuffo di peli neri volteggiando atterrò ai piedi di Carmen, traccia inequivocabile di una gatta fuggita, ma lei già non ci pensava più. Nell’aria si sparse un pungente odore balsamico, la bambina aprì i polmoni per respirarne il più possibile i benefici: non aveva mai avuto soldi per curarsi e aveva imparato presto a farlo da sé grazie alle erbe trovate lungo il cammino.
In un angolo, vicino alla chiesa, comparve una larga pianta dai fiori gialli appena carezzati dallo scirocco: ecco da dove veniva quel profumo inebriante. Possibile che fosse sempre stata lì? Erano ormai diverse sere che Carmen veniva a dormire da quelle parti e non l’aveva mai vista prima. «Chi si adorna di elicriso di fortuna viene intriso» si disse ripetendo un vecchio proverbio, poi si diresse verso l’arbusto per raccogliere fiori da mettere fra i capelli in modo da allontanare da sé gli spiriti maligni. Blzz, mmmrrr, i bisbigli si fecero più forti. Carmen si fermò prima di toccare i rami. Si guardò attorno spaventata, ma non vide nessuno e le voci tacquero.
Nel frattempo, in un altro angolo era cresciuta una pianta di rosmarino, i cui aghi verdi si sporsero verso la bambina diffondendo il loro tipico odore, mentre qua e là si aprivano sotto i suoi occhi fiori dai calici campanulati. Carmen sapeva che guarivano le malattie della pancia e pensò di raccoglierne qualcuno da portare con sé, ma aveva paura di avvicinarsi, dato che anche quella pianta era comparsa dal nulla. Blzz! Mmmrrr! Psss, psss, psss! Le voci ripresero a farsi sentire e Carmen si girò di scatto. Ecco cos’era a solleticarle la schiena, una gigantesca siepe di iperico la avvolgeva da dietro per abbracciarla. Stavolta Carmen non riuscì a trattenersi e urlò di paura, urlò con tutto il fiato che aveva in gola, urlò e strinse fortissimo i pugni. I bisbigli si fecero più forti fino a trasformarsi in voci, e le voci divennero così nitide da trasformarsi in corpi, e prima che Carmen potesse capire cosa stava accadendo si trovò in mezzo a un girotondo. Sei figure di cui non distingueva i tratti le danzavano intorno cantando, e le loro musiche erano così allegre e intonate che a Carmen venne voglia di ridere e ridere, tutti i profumi che aveva sentito fino a quel momento – elicriso, iperico, rosmarino – si mischiarono e se ne aggiunsero altri di rosa, malva, camomilla. Il cielo sopra i suoi occhi ruotò e la terra sotto i suoi piedi ruotò in senso contrario. A Carmen sembrò di staccarsi dal suolo e cominciò a ballare anche lei mentre le sei persone intorno ridevano e non tacevano mai. Infine, cadde a terra addormentata.