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12 Maggio 2023Lollobrigida ci ricasca “Etnia italiana a rischio per il calo delle nascite”
12 Maggio 2023
di Massimo Franco
La nebbia delle reticenze reciproche vela i contrasti che nomine e riforme costituzionali hanno fatto intravedere in questi giorni: ovunque. Eppure, proprio ora che le soluzioni cominciano a prendere forma, si conferma una tensione latente nella maggioranza; e si scorgono i lividi di opposizioni uscite ancora più spaccate di prima nella strategia e nei rapporti politici. Così, alla fioritura un po’ caotica dei presidenzialismi lanciati da Palazzo Chigi si affiancano i messaggi di una Lega che chiede il rispetto dei patti sull’autonomia regionale.
Sono segnali indirizzati alla premier Giorgia Meloni, non agli avversari. Confermano lo scambio simultaneo tra riforme presidenzialiste e leghiste. Lo stesso affanno mostrato nella scelta dei vertici di Polizia e Guardia di finanza testimonia un doppio problema: un metodo un po’ improvvisato per individuare le candidature; e una competizione latente tra Giorgia Meloni e il leghista Matteo Salvini, che ha ritardato l’intesa e non ha chiarito i motivi dei veti su alcuni nomi.
Ora si parla di successo di una coalizione compatta. Viene spiegato che la dialettica è fisiologica nei governi di coalizione. Si avverte tuttavia un negoziato tra alleati sempre un po’ tormentato: come se la lotta per la leadership della destra continuasse su un altro terreno rispetto a quello elettorale dominato da FdI. L’assenza dalla scena di Silvio Berlusconi, ancora in ospedale, dovrebbe in teoria ridurre la conflittualità tra Meloni e Salvini. Nei fatti, invece, a volte si ha quasi l’impressione che la esasperi.
Non significa che il governo vacilli: il conflitto della Russia contro l’Ucraina lo blinda sul piano internazionale e lo proietta verso le Europee del 2024. E i rapporti tesi con alcuni alleati dell’Ue, come la Francia, per paradosso oscurano i rischi di isolamento dell’Italia; e rafforzano la coalizione sul piano interno. E poi c’è lo spappolamento delle opposizioni. Si va dalla spaccatura tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, il quale si dichiara equidistante da Meloni e da Elly Schlein. E si arriva a un M5S che accentua l’offensiva contro la nuova segretaria del Pd.
La polemica ufficiale continua a riguardare gli aiuti militari all’Ucraina, sui quali il Movimento di Giuseppe Conte martella Schlein senza tregua. La leader del Pd viene accusata di tradire il pacifismo di cui i vertici grillini sono diventati i cantori, scansando con fastidio i sospetti di filoputinismo; e di appoggiare la costruzione dell’inceneritore dei rifiuti a Roma, pur non volendolo. Ma lo scontro sommerso si consuma sull’asse che si sarebbe saldato tra Meloni e Conte per concordare alcune nomine: manovra tesa a escludere da qualunque incarico di potere o sottopotere un Pd che già perde pezzi.