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4 Ottobre 2024IL DIBATTITO
Per uscire da una narrazione esclusivamente bellica del secolo scorso, occorre capovolgere lo sguardo
Nella nuova versione de “Il passato: istruzioni per l’uso”, appena uscito per Altreconomia, lo storico Enzo Traverso, professore alla Cornell University, scrive: « In questo inizio secolo, Auschwitz diviene la base della memoria collettiva del mondo occidentale. La politica della memoria tende a fare della Shoah la metafora del XX secolo come epoca di guerre, di totalitarismi, di genocidi e di crimini contro l’umanità». Ma davvero, vien da chiedersi, il ‘900 è stato solo questo? Risposta non facile. Di certo, a lungo è stata data molta enfasi agli eventi più tragici del “secolo breve”. Se dittatori, generali & C. sono ancora, troppo spesso, primattori nei manuali di Storia sui quali studiano i nostri figli alle superiori – a dispetto di tanti eroi sconosciuti, protagonisti di storie di Bene – è perché, afferma Traverso, «non è da molto tempo che i “subalterni” sono diventati oggetti di studio, ed è ancora più recente il tentativo di ascoltare la loro voce. Analogamente, per la storiografia le donne hanno una storia solo da una trentina d’anni».
Concorda Carlo Greppi, anch’egli da pochi giorni in libreria con “s (minuscola!) storie che non fanno la Storia” (Laterza), che punta a valorizzare la storia orale e “dal basso”, nella convinzione che «la storia del potere, la storia economico-sociale e la storia del pensiero o delle idee sono di immenso interesse, ma sono l’architrave su cui si innestano le vite delle persone. E nella questa complessità e unicità di queste vite chiunque si può immedesimare». Insieme con Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi e Marco Meotto (un pool di giovani storiche e storici) ha curato, per Laterza, il manuale “Trame del tempo”, con l’intento di «mostrare l’intreccio che lega tra loro le vicende di re e sudditi, condottieri e vittime delle guerre, persecutori e perseguitati». Interpellato da Avvenire, Greppi spiega: «Va combattuto il falso luogo comune che vuole che la storia sia barbosa. La chiave per appassionare i giovani è aiutarli a capire che conoscere il passato è un presupposto fondamentale per conoscere noi stessi in profondità ». Citando “La Resistenza delle donne” (Einaudi) di Benedetta Tobagi, Greppi sottolinea come questo «significa eleggere i nostri antenati e antenate spirituali tra coloro che possono aiutarci a dirigere meglio i nostri passi». Non è indispensabili che siano “i soliti noti”, anzi. In “Trame del tempo” c’è spazio – nella parte sulla dittatura argentina degli anni ’90 – per la toccante storia della diciottenne Franca Jarach, rapita e buttata in mare, ancora viva, da un aereo; era figlia di Vera Vigevani, ebrea italiana, fuggita in Sudamerica per scampare alle leggi razziali. Anche in altri manuali
emerge la preoccupazione di segnalare figure “minori” ma comunque emblematiche. Sfogliando, il volume 3 di “Dai fatti alla storia”, scritto da Nicola Rizzuti e Giuseppe Mrozek Eliszezynski per Giunti/ Treccani, uscito pochi mesi fa, troviamo pagine dedicate a Gandhi, alla Rosa Bianca, a don Milani, a Tina Anselmi e, persino, alla Teologia della liberazione. Curatore scientifico è Francesco Benigno, ordinario di Storia moderna alla Normale di Pisa, da pochi giorni in libreria con “La storia al tempo dell’oggi” per Il Mulino.
Un’occasione preziosa alle porte è rappresentata dal settantesimo anniversario della celebre “tregua di Natale” del 1914. Ad aver esplorato con particolare attenzione tale evento storico è stato Antonio Besana: un manager in pensione, che nel 2020 pubblicò per Ares “1914. Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale”, che ha ispirato una mostra col medesimo titolo, esposta con successo all’ultimo Meeting di Rimini. Nel 2022 Besana ha firmato un nuovo libro, non meno originale, sempre per Ares: “Vite incrociate. Storie di pietà per il nemico nella Seconda guerra mondiale”. Chi, in Italia, ha dato un contributo decisivo alla conoscenza dei gesti di coraggio e tacito eroismo compiuti dai Giusti è senz’altro Gariwo (“Gardens of the Righteous Worldwide”): una realtà nata dalla volontà di raccordare le memorie della Shoah e del genocidio armeno, diffondendo le storie dei Giusti dell’umanità. Moglie di Pietro Kuchiukian (e co-fondatrice di Gariwo, insieme con lui e con Gabriele Nissim), Annamaria Samuelli è da anni responsabile della Commissione educazione di Gariwo. Spiega: « L’iniziativa dei Giardini dei Giusti, cuore della nostra proposta educativa, si è andata molto sviluppando dal 2003 a oggi; sono più di 250 in tutt’Italia e una dozzina all’estero». Samuelli riferisce di una nuova sensibilità in crescita: «Conosco molti insegnanti che partecipano al nostro concorso “Adotta un giusto”. Nell’insegnamento della storia, accanto alla conoscenza indispensabile degli eventi principali, spesso drammatici, sanno aprire “finestre di luce”, raccontando le vicende dei Giusti, per mostrare ai ragazzi che, come diceva Hannah Arendt, “Si può sempre dire un sì o un no”. La sola memoria del male, delle guerre e delle ideologie è sterile; perché diventi fertile è importante affiancarle la narrazione dei Giusti, capace di illuminare il presente. Mi viene in mente un bambino che, tempo fa, mi chiese: “Ma lei, prof, come si sarebbe comportata al posto di Sophie Scholl?”». L’articolato intervento educativo di Gariwo ha conosciuto un ulteriore salto di qualità dopo che nel 2018 è stato firmato dall’allora ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e da Gabriele Nissim il Protocollo d’intesa tra Miur e Gariwo per la “Diffusione della conoscenza dei Giusti e della memoria del bene”.
Ancora. È dedicata al “Novecento, il secolo scorso” la nuova coproduzione, appena approdata in libreria, tra Il Post-Cose spiegate bene e la casa editrice Iperborea. Da salutare con favore la scelta di Luca Sofri & C. di includere, tra i personaggi più significativi del XX secolo, tre figure che solo di rado compaiono nei manuali scolastici: don Lorenzo Milani, Adriano Olivetti ed Enrico Mattei. Non politici né generali, bensì un prete e due visionari uomini d’impresa.
Per chiudere. Nella recente e bellissima antologia “Le parole ritrovate. Nel mondo, dentro l’anima”, pubblicata da Morcelliana-Scholé, troviamo questo folgorante passaggio di Tiziano Terzani, rivolto ai giovani: « Bisogna introdurre nella scuola il concetto di pace. Voi continuate a studiare la storia come una serie di massacri: guerre, stragi, conquiste. Continuate a chiamare Alessandro il grande perché ha conquistato l’intera Asia Centrale. Vi siete mai proposti di studiare le conquiste di Alessandro dal punto di vista di quelli conquistati da lui? Studiate figure come Gandhi, che vinse la battaglia dell’indipendenza indiana con la non violenza. Studiate personaggi da noi completamente ignorati».
Un’indicazione di rotta innovativa e preziosa. Che qualcuno già sta seguendo. In “Methodus. Al cuore della storia”, frutto della collaborazione tra Gianni Gentile, Luigi Ronga, Annacarla Rossi e Giulia Digo per l’editrice La Scuola (2022) sono rintracciabili riferimenti interessanti per quanto concerne l’educazione alla pace. Come ad esempio un ritratto di Hemingway, l’autore di “Addio alle armi”: «un libro che si rivela una decisa condanna della disumanità della guerra, che irrompe nelle vite degli uomini, le sconvolge e spesso le spezza». Un richiamo direttamente collegato alla limpida ispirazione cattolica del volume, confermata da ampie citazioni di documenti pontifici cruciali quali la Centesimus Annus di Papa Wojtyla e la Laudato Si’ di Papa Francesco.