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Nuovo caso sul Codice della strada voluto da Salvini. Gasparri: pronti a dire la nostra
Paola Di Caro
ROMA Resta forte la tensione dopo il voto in Europa sulla presidente Ursula von der Leyen che ha spaccato la maggioranza, con Lega e FdI contrari e FI favorevole. Resta nel centrodestra e alimenta le polemiche del centrosinistra, battagliero in vista della nuova tornata amministrativa.
Sono sempre più difficili i rapporti soprattutto tra Lega e FI, dopo che Salvini e Tajani si sono rimpallati le accuse sul voto. Ecco allora da FdI partire l’avvertimento del vicecapogruppo al Senato Raffaele Speranzon: «I rapporti tra Lega e FI? Registriamo una certa fibrillazione determinata dalla campagna elettorale per le Europee, con qualche straccio che è volato per la scelta della presidente della commissione. Noi faremo il possibile affinché ci sia la piena disponibilità da parte degli alleati a realizzare il programma elettorale per cui siamo stati eletti nei tempi previsti. Abbiamo un calendario d’Aula fittissimo e delle riforme da portare avanti. Se dovessimo riscontrare una direzione diversa da questa, porremo una questione politica all’interno della coalizione».
E l’inciampo è pronto. È il ddl sul codice della strada, fiore all’occhiello di Salvini, sul quale il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri non transige: «Ormai ci siamo rassegnati ad un monocameralismo di fatto per i decreti perché c’è il discorso dell’urgenza. Ma almeno sui disegni di legge gli emendamenti chiediamo che vengano discussi ed esaminati», dice. E conferma che il suo partito insisterà nel voler presentare proposte di modifica al codice della strada che invece la Lega vorrebbe veder approvato entro luglio. «Ora ne abbiamo messi a punto una cinquantina e siamo pronti anche a ridurne sensibilmente la portata. Però su questo disegno di legge, così come su altri, vogliamo poter parlare e dire la nostra».
Il Pd all’attacco:
«Così si indebolisce
il ruolo dell’Italia in Europa e si mettono a rischio delicati dossier»
Su queste e altre polemiche si scatena l’opposizione. Dal Pd si attacca il ministro Guido Crosetto che nel tentativo di «ingannare le persone e nascondere i propri fallimenti» dovrebbe preoccuparsi perché «in Europa e nel mondo veniamo derisi da tutto e tutti, è insopportabile. L’Italia non è un giocattolo, ma un Paese con una storia di politica estera che state infangando, siete una classe dirigente impresentabile», dice Marco Furfaro. «Siamo di fronte a una maggioranza litigiosa che indebolisce il ruolo dell’Italia in Europa e mette in pericolo delicati dossier, dal Pnrr alla prossima legge di bilancio», mette il carico Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera. Contro Meloni anche Riccardo Magi, segretario di +Europa: «Doveva andare battere i pugni sul tavolo, rovesciare il tavolo, ottenere chissà che cosa. Alla fine, è persino rimasta fuori dalla stanza in cui il tavolo in cui si decideva il futuro dell’Europa».
Alle accuse ribatte il capogruppo alla Camera di FdI Tommaso Foti: «Meloni incoerente? Non è stata coerente invece Schlein, che ad aprile a Roma presentò un candidato che si chiamava Schmidt, che avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa della Schlein alla von der Leyen e poi ha votato lei». Ma a chiudere la giornata è un altro attacco, di Giuseppe Conte, che rispetto alle accuse della premier sul fatto che anche il M5S ha votato contro la presidente Ue, replica: «Io sono un leader di partito, lei il presidente del Consiglio italiano. Non abbiamo giocato la stessa partita: non attacchi noi per i suoi fallimenti».