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Botta, risposta e furiosa polemica tra il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna Paolo Bolognesi e la premier Giorgia Meloni. Il quarantaquattresimo anniversario della bomba che provocò 85 morti e oltre 200 feriti diventa così l’ennesimo episodio di scontro sulla memoria repubblicana. Ad aver infiammato la premier sono state queste parole dette da Bolognesi: «Le radici di quell’attentato affondano nella storia del postfascismo italiano: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo». E ancora, sulla stretta attualità: «La separazione delle carriere dei magistrati era un progetto della P2», cioè della loggia massonica che secondo gli inquirenti di Bologna avrebbe organizzato e finanziato la strage.
DURA LA REPLICA di Meloni, che si dice «profondamente e personalmente colpita» da quelli che ritiene «attacchi ingiustificati»: «Sostenere che le “radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione». In apertura anche un altro passaggio controverso, là dove si parla della strage «che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste». Un giro di parole poco prima utilizzato anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa. La verità, in sostanza, è solo giudiziaria, non necessariamente anche storica: sembra una sfumatura, ma è quasi mezzo secolo che l’equivoco prospera.
Un passo indietro rispetto a quanto sostenuto dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi nella sua intervista uscita ieri sul Corriere della Sera, in cui la definizione è netta: «Strage neofascista». A voler essere precisi, però, anche in questo discorso manca un particolare: la partecipazione di pezzi dello stato, a partire da Federico Umberto d’Amato, forse il poliziotto più celebre della storia italiana. Un passaggio che troppo spesso viene dimenticato.
AD OGNI MODO, le parole di Meloni hanno scatenato diverse reazioni, a partire da quella della segretaria del Pd Elly Schlein: «Fare la vittima attaccando il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime nel giorno in cui si commemorano gli 85 morti e i 200 feriti dell’infame strage neofascista alla stazione di Bologna è un’operazione deplorevole», ha detto. E ancora: «Chi amministra una comunità dovrebbe cucire le fratture, sanare le ferite, mentre Meloni fa il contrario: spacca, divide, mette gli uni contro gli altri. È evidente che non è in grado di guidare questo Paese». A stretto giro, e sulla stessa lunghezza d’onda, è arrivata anche la replica di Bolognesi: «Meloni la finisca di fare la vittima. Non è una vittima, ma una che prende in giro le vittime». Segue la difesa della leader da parte di tutta FdI. Su tutti si segnala il solito viceministro Galeazzo Bignami. «Mi sento offeso non solo come carica istituzionale ma soprattutto da bolognese – ha dichiarato -. Non accetto da nessuno qualsiasi allusione, di qualsiasi tipo, che insinui anche lontanamente una qualsivoglia forma di connivenza fra gli autori della Strage, di cui numerose sentenze hanno pienamente accertato la matrice fascista come ho sempre sottolineato e come anche oggi ho ribadito, e la mia persona e la mia comunità politica».
PRIMA DI TUTTO QUESTO, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva inviato un suo messaggio. Anche qui va segnalato che i toni sono inequivocabili e molto distanti dalle posizioni portate alla luce dalla compagine di governo. «Con profondi sentimenti di solidarietà, quarantaquattro anni dopo l’attentato, ci uniamo ai familiari delle vittime e alla città di Bologna, teatro di una spietata strategia eversiva neofascista nutrita di complicità annidate in consorterie sovversive che hanno tentato di aggredire la libertà conquistata dagli italiani – ha detto Mattarella -. A Bologna si consumò uno degli eventi più tragici della nostra storia repubblicana. Una ferita insanabile, monito permanente da consegnare alle giovani generazioni unitamente ai valori della risposta democratica della nostra patria, che hanno consentito il riscatto e, nell’unità della nostra comunità, la salvaguardia del bene comune».
Così anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore, che ha guidato il corteo andato in scena ieri mattina per le vie della città. «Chiedo al governo di impegnarsi al più presto per i risarcimenti. Da anni assistiamo a balletti, l’ultimo pochi giorni fa – le parole del sindaco Matteo Lepore dal palco – Nel 1996 Bolognesi faceva il suo primo discorso qui. Caro Paolo nonostante la tua ritrosia tu sei una figura di riferimento per tutti noi. E ringrazio anche due donne straordinarie Rosanna Zecchi e Daria Bonfietti», cioè le rappresentanti delle associazioni delle vittime della Uno Bianca e della strage di Ustica. Durante la messa in suffragigio delle vittime della strage, pure il cardinale Matteo Zuppi si è espresso: «Se gli autori fascisti della strage volevano terrorizzare per dividere, per imporre il loro ordine, con complicità inquietanti e purtroppo non chiarite, la reazione è stata quella che permette sempre di affrontare il male: la solidarietà. E’ la forza che non fa arrendere di fronte ai poteri e ai pensieri occulti, che sono sempre anticristiani perché contro la persona».