Destra e sinistra assediate dagli incubi
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13 Gennaio 2024il generale petraeus
di Viviana Mazza
«I rischi di escalation in Medio Oriente ci sono già. E potrebbero coinvolgere Libano, Iraq e Siria». Questa la valutazione del generale americano Petraeus.
DALLA NOSTRA INVIATADES Moines Generale Petraeus, la domanda che molti si pongono dopo i raid degli Stati Uniti e dei loro alleati contro gli Houthi in Yemen è se il risultato sarà una riduzione dei loro attacchi contro le navi commerciali nel Mar Rosso oppure sarà l’inizio di un conflitto ancora più ampio di quello attuale. Qual è la sua valutazione ?
«Penso che sia difficile dirlo in questo momento. Gli Houthi hanno già detto che risponderanno, è probabile che vedremo nuovi attacchi da parte loro. Ma non sappiamo ancora l’entità dei danni inflitti al loro arsenale di missili e droni. I raid (della coalizione Usa, ndr ) sono stati significativi: ben più di 100 munizioni contro una sessantina di obiettivi in 16 diversi siti. E il danno dev’essere stato considerevole, anche se sospetto che il processo di valutazione dell’impatto delle bombe sia ancora in fase di finalizzazione. Finché non c’è una valutazione di quanto siano state ridotte le capacità degli Houthi, non è possibile trarre conclusioni definitive sulla loro possibile risposta. E non c’è bisogno di dire che, se dovessero attaccare di nuovo, possono aspettarsi ulteriori attacchi dalla coalizione a guida americana, che sicuramente ha ora ottime informazioni di intelligence sulle loro basi, sui depositi di stoccaggio, le postazioni di lancio e così via».
I rischi di escalation aumenteranno ora anche in Libano e sugli altri fronti?
«Penso che i rischi di escalation siano già sostanziali, ma dipendono più che altro da azioni specifiche e valutazioni in quelle aree anziché da quello che sta avvenendo nel Mar Rosso. Continuo a dubitare che l’Hezbollah libanese voglia provocare una azione più ampia da parte di Israele, dopo il modo in cui è stata martellata nel 2006. Ma il potenziale per l’escalation c’è, come pure in Iraq e in Siria».
Il generale David Petraeus, 71 anni, ha guidato le forze alleate in Iraq nel 2007-2008 e in Afghanistan nel 2010-2011, e ha diretto la Cia. In una intervista con il Corriere all’indomani del guerra Israele-Hamas, Petraeus sottolineò l’importanza che Israele impari dagli errori americani in Iraq e sviluppi un piano per il dopoguerra, anche perché il conflitto nella Striscia potrebbe aumentare la pressione sulle milizie legate all’Iran ad agire.
Israele ha un piano per il dopoguerra?
«Per quello che capisco, è ancora in corso di sviluppo. È urgente che venga messo a punto, perché il piano per il dopoguerra giocherà un ruolo significativo anche sul modo in cui le operazioni vengono condotte».
Il premier Netanyahu e il suo ministro della Difesa Gallant sembrano avere idee diverse sul ruolo dell’Autorità Palestinese a Gaza nel dopoguerra, ma entrambi sembrano suggerire che Israele potrà continuare a effettuare raid militari nella Striscia se lo ritiene necessario, senza interferenze esterne. È possibile che una forza multinazionale che include gli Stati Uniti, Stati arabi e forse europei accetti di avere un ruolo a Gaza a tali condizioni?
«Tendo a dubitare che una forza multinazionale si assumerà la responsabilità della supervisione di Gaza, anche se ci sono vari sforzi per esplorarne la possibilità, dunque non può essere escluso».
Quanto durerà la guerra a Gaza?
«Molti, molti mesi. Dipenderà da quale sarà la riduzione delle forze israeliane che svolgono le operazioni per distruggere Hamas, smantellarne il ramo politico, salvare gli ostaggi. Tutto ciò, in un contesto urbano estremamente difficile e contro un nemico che non indossa uniformi, che usa i civili come scudi umani, che tiene in mano oltre 100 ostaggi e ha centinaia di miglia di tunnel e di strutture sotterranee in aree urbane densamente popolate».