Una partenza in retromarcia. Non capita a tutti ma a Schlein è toccato un dietrofront prima ancora di ingranare la marcia. Aveva deciso di mettere il suo nome sul simbolo Pd ma un coro – quasi – unanime di no l’ha indotta a ripensarci. Sfuma quindi quell’operazione di personal branding sul partito fatto proprio da chi, in passato, aveva contestato la personalizzazione della politica. Insomma, ci è cascata pure lei ma – evidentemente – le regole della comunicazione sono più forti e il suo nome l’ha comunque mantenuto candidandosi capolista alle europee. Poco importa se è «una ferita per la democrazia» come ha detto Prodi, visto che non farà mai l’eurodeputata. Ciò che importa è seguire il manuale dei bravi comunicatori e ingaggiare una gara frontale con Meloni. Questo è il primo comandamento di una politica gestita dai “social media manager” dove conta allestire un’arena, organizzare le tifoserie puntando a mobilitare voti nel match tra destra e sinistra. Vedremo se riesce.
Inutile dire che l’apice sarà il duello televisivo, con l’attesa della vigilia, i pronostici e i voti dopo la “partita”. Dagli outfit alle parole chiave, dalla velocità all’efficacia degli argomenti, le pagelle saranno un elemento centrale che accompagnerà fino alle urne. E quindi se pure Schlein ha dovuto rinunciare al suo nome nel simbolo, l’operazione di self branding sarà comunque riuscita. Nel bene ma pure nel male. Alla fine, si vedrà se ha avuto ragione lei o i compagni di partito o i commentatori: quelli che dicono che non si capisce quando parla, che i suoi slogan non vanno in buca e che va spesso fuori tema. Le urne daranno torti e ragioni ma non sarà solo l’asticella – dal 20% in su – a dare la dimensione del successo di Schlein. La sua vera scommessa è varcare le colonne d’Ercole della “Ztl” culturale e sociale perché la sua leadership questo promette. Riportare a casa i figli della sinistra fuggiti verso l’astensione o i 5 Stelle.
A giugno, dunque, si saprà che popolo ha attirato Schlein con la sua e le altre candidature presentate ieri. Una volta, del Pd si diceva che rappresentasse il mondo della spesa pubblica: pensionati e sussidiati, dipendenti pubblici, insegnanti. E che la sua crisi coincideva con la politica dell’austerity. Così, larga parte di quei settori sono stati saccheggiati – elettoralmente – un po’ da destra e un po’ dai grillini mentre il partito si è ridotto tra Ztl e area tosco-emiliana. Ecco, l’equivoco della sua candidatura – che promette e non mantiene di andare in Europa – almeno svelerà qualcosa: che partito è diventato il Pd di Schlein.