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29 Ottobre 2022Le stime Istat sull’inflazione di ottobre sono uno choc: la crisi del Covid, quella provocata dalla guerra russa in Ucraina, le speculazioni di Stati e mercati sui beni energetici e la politica tragicamente inefficace della Banca Centrale Europea (Bce) che aumenta i tassi di interesse sul modello della Fed americana hanno spinto i prezzi a un livello mai visto dal 1984: quasi il 12% ( l’11,9%) o il 13% a seconda dell’indice. E la recessione, già annunciata dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è ormai a un passo.
L’UFFICIO STUDI di Confcommercio ieri ha evidenziato che la «netta accelerazione registrata ad ottobre dall’inflazione rappresenta indubbiamente uno shock per il nostro sistema. In un solo mese si è, infatti, registrata una variazione dei prezzi (+3,5%) analoga a quella rilevata complessivamente tra il 2017 ed il 2021.
LE TENSIONI, che hanno portato a tassi di crescita dei prezzi eccezionali nel comparto energetico, si stanno diffondendo ormai a tutti i settori, principalmente beni di largo consumo. Questa situazione non è, purtroppo, destinata a registrare modifiche sostanziali nel breve periodo, anche alla luce degli aumenti che si stanno rilevando nelle fasi antecedenti il consumo con i prezzi alla produzione che, a settembre, segnalano un +41,8% su base annua.
ALTROCONSUMO ha sostenuto che il prezzo della farina 00 è cresciuto del 37% rispetto a settembre 2021. Il prezzo della pasta è cresciuto del 26% in un anno. Il caffè in polvere del 7%, così anche il latte Uht e la passata di pomodoro. Da gennaio 2022, ha calcolato la Cia-agricoltori italiani, la spesa media per le famiglie è cresciuta di 384 euro, 9,7 miliardi in più per il «carrello della spesa alimentare». «Si tagliano gli acquisti mentre le aziende agricole non riescono neanche a coprire i costi» osserva la Coldiretti.
OLTRE AI DANNi provocati dai cambiamenti climatici che hanno bloccato i raccolti, le aziende agricole affrontano rincari di ogni tipo: dal riscaldamento delle serre ai carburanti per la movimentazione dei macchinari, dai fitofarmaci ai fertilizzanti, con spese più che raddoppiate, fino agli imballaggi, con gli incrementi che colpiscono dalla plastica per le vaschette, le retine o le buste.
«OCCORRONO misure importanti da parte del governo Meloni e occorrono ora. La perdita di potere d’acquisto ha già cancellato le tredicesime – sostiene la vice segretaria generale della Cgil Gianna Fracassi – Le cause dell’inflazione sono molteplici e vengono da lontano. Di sicuro – ha aggiunto Fracassi – i prezzi energetici e alimentari concorrono pesantemente a incrementare prezzi e speculazione. Non basta certo aumentare i tassi da parte delle Banche centrali per riportare la tendenza verso il 2% che ormai non sembra raggiungibile nemmeno nel 2023. Al contrario, la politica monetaria della Bce non si sta dimostrando né efficace né utile in questa fase in cui il rischio di recessione è molto elevato. Ora servono subito provvedimenti di sostegno ai redditi, alle famiglie, all’occupazione, contrasto alla disoccupazione, alla precarietà e alla svalutazione del lavoro. Misure che siano immediatamente percepibili, ben oltre i 200 o i 150 euro una tantum. Di sicuro non è il momento di fare condoni o innalzare il tetto del contante».
IN QUESTA CORNICE economica e politica il governo Meloni sarà costretto a bloccare ogni azione significativa oltre al finanziamento dell’emergenza del caro vita e del caro bollette. Ieri è stato fatto filtrare che la prossima legge di Bilancio conterrà interventi importanti sulle bollette per imprese e famiglie, con un pacchetto energia che assorbirà i tre quarti delle risorse della prossima legge finanziaria. Il restante 25% sarà destinato ad altre varie misure. Dunque i tre quarti delle risorse della manovra saranno dirottate sul cosiddetto «pacchetto energia». Briciole andranno al promesso taglio del cuneo fiscale (di 2 punti, mentre Meloni ha promesso di arrivare al 5% in più anni) e sulle pensioni (dal primo gennaio andrebbe evitato il ritorno in pieno alla «riforma» Fornero). L’esecutivo, inoltre, sta studiando l’estensione dei beni primari con l’Iva ridotta al 5%, che potrebbe comprendere i prodotti per l’infanzia. Sarebbe inoltre quasi certa una modifica della norma sugli extra-profitti, per la quale si studiano due correttivi: modificare la base imponibile oppure alzare la percentuale (ora al 25%) del prelievo. Si parla anche di innalzare il tetto al contante (dagli attuali 2mila euro si punta ad arrivare a 5mila, mentre la Lega lo vorrebbe a 10mila). Il presidente dell’Anticorruzione Busia ieri ha sostenuto che «oltre certi importi ormai non si paga più cash, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa».