«Ho esitato a lungo prima di scrivere un libro sulla donna. Il soggetto è irritante, soprattutto per le donne; e non è nuovo. Il problema del femminismo ha fatto versare abbastanza inchiostro, ora è pressoché esaurito: non parliamone più».

Così iniziava Il secondo sesso di Simone de Beauvoir scritto nel 1949. Eppure ancora oggi scriviamo di donne e femminismo. L’ultimo interessante titolo è Filosofe. Dieci donne che hanno ripensato il mondo (Ponte alle Grazie, 28 febbraio 2025) di Francesca R. Recchia Luciani, professoressa ordinaria di Storia delle filosofie contemporanee e coordinatrice del Dottorato nazionale in Gender Studies dell’Università di Bari Aldo Moro, nonché ideatrice e direttrice del Festival delle donne e dei saperi di genere.

La rimozione

Un saggio dedicato a quelle donne che hanno fatto del loro pensare una rivoluzione. «È il primo capitolo di una storia non scritta, le donne hanno segnato la storia ma sono state rimosse, perché non dovevano essere presenti. Trattenere le donne in un’abissale ignoranza era fondamentale per il dominio maschile, poiché la non conoscenza impediva loro di impossessarsi degli strumenti di liberazione. Questa è la più importante delle ragioni che spiegano perché quella che per secoli ha preteso di venire considerata come la regina delle scienze, il sapere dei saperi, ossia la filosofia, sia stata anche e per così a lungo una delle aree della cultura più ostica verso le donne».

La caduta del fallologoncentrismo

È da questa constatazione che parte l’autrice del libro, ricostruendo le vicende di dieci filosofe degli ultimi due secoli. Da Lou Salomé a Maria Zambrano, da Hannah Arendt a Simone de Beauvoir, da Simone Weil a Ágnes Heller, da Carla Lonzi a Audre Lorde, da Silvia Federici a Judith Butler: l’autrice ci conduce in un viaggio alla scoperta delle vite filosofiche di donne che hanno scardinato il “fallologoncentrismo”, per dirlo con le parole di Jacques Derrida, su cui si fonda la cultura occidentale che per secoli ha glorificato un unico protagonista, il maschio adulto bianco, come soggetto universalistico. E proprio attraverso la filosofia, una regione culturale preclusa al secondo sesso, che queste filosofe sono riuscite a conquistare il loro spazio. «A partire dalla rivoluzione francese, quando le donne hanno avuto accesso all’educazione, filosofare è diventato per alcune di loro un’irrinunciabile necessità vitale, un’insopprimibile urgenza a pensare».

Il corpo e le idee

Ma cosa accomuna le dieci filosofe scelte? «L’intreccio indissolubile tra il corpo femminile e le idee. Le donne hanno una capacità di farsi permeare dalla vita e farne teoria. Nella tradizione gli uomini filosofi sono sempre rimasti intrappolati nel dogmatismo e nella logica dell’astrazione, impiegando vite intere a cercare di dimostrare d’appartenere, con i propri discorsi e i loro trattati, all’ordine superiore del logos al di fuori del quale nulla appare sensato. Le donne, invece, per secoli confinate nell’ambiente domestico, si sono confrontate continuamente con la vita corporea, si sono interrogate quotidianamente sulla propria condizione umana. Sono state inchiodate a farlo, perché sono state sempre concepite come un corpo sociale, a cui è affidato il compito della riproduzione, o considerate come fonte di erotismo. Le donne svolgono un ruolo importante sia per l’individuo che per la specie. Lo dimostra il proliferare di leggi sul corpo delle donne, dall’aborto alla fecondazione assistita. Come dice la sociologa Barbara Duden, il corpo delle donne è un “luogo pubblico”, quello degli uomini è privato, è solo il “loro” corpo. Quindi questo inedito intersecarsi tra la vita e la filosofia ha portato a un modo nuovo di stare al mondo, innescando una rivoluzione filosofica, epistemologica e concettuale».

Il primato della poesia

Per molte filosofe la scrittura e, in particolare la poesia, diventa il modo per riflettere, ripensare e rifare il mondo. Ma le donne ci arrivano molto tardi, molto dopo gli uomini. «Prima della rivoluzione francese le uniche donne istruite erano le nobildonne che potevano ricevere un’educazione. Inoltre, le donne, relegate solo alla dimensione privata, scrivevano, ma solo per se stesse. A loro non rimaneva che una scrittura privata, una scrittura dell’intimo. Non si stupisce perciò Virginia Woolf quando in Una stanza tutta per séracconta di girovagare nella fittizia biblioteca di Oxbridge e non trovare altro che libri scritti da uomini. Le donne scrivevano solo diari, l’unico deposito di sapere delle donne a loro concesso perché non li leggeva nessuno».

In questa esplorazione del mondo privato le donne hanno dovuto imparare dall’interiorità perché l’esterno era loro precluso, hanno «dovuto ripiegare sulle ragioni del cuore perché tutte le altre ragioni erano state messe fuori portata». L’educazione sentimentale non è stata una scelta per le donne, «credere nel loro sentimentalismo è malafede patriarcale»: per ragioni culturali le donne hanno dovuto prendersi cura degli altri, dei loro sentimenti e della sfera intima.

Il sentimentalismo come limite

«Ciò non ha causato solo una limitazione della cultura filosofica per le donne, ma ha di fatto confinato anche la cultura degli uomini in quel razionalismo rigido, strutturato e sistematico che ha espunto le passioni dal loro sguardo. Queste filosofe dimostrano invece che la passione, l’emotività, il pathos femminile non sono più il limite del logos, ma il suo potenziamento. E fondano un nuovo sapere filosofico sull’esperienza, sul dato di realtà, sulle occasioni della vita, sugli accadimenti dei corpi e sulle volute della storia».

Ma come hanno realmente segnato la storia queste filosofe dell’800 e ‘900 che ancora oggi riescono ad ispirarci? «È stato possibile in virtù dell’amore viscerale per la vita e per la sua indomita e libera effervescenza palesato da Lou Salomé; rileggendo il reale attraverso la “poesia pensante” e il “pensiero poetante” come ha fatto María Zambrano; prestando attenzione alla natura “plurale” della storia e della comunità politica che troviamo in Hannah Arendt; disvelando le trappole disseminate sulla strada della liberazione delle donne che ha visto lucidamente Simone de Beauvoir; concentrandosi sulla roccia della realtà e sui doveri verso gli esseri che la abitano come ha voluto Simone Weil; impegnandosi come Ágnes Heller in una “filosofia radicale” della vita buona; lottando con Carla Lonzi per attivare una necessaria e urgente ‘rivolta femminile’; immaginando la rivoluzione erotica lesbofemminista che ha descritto Audre Lorde; interpretando la realtà come l’intersecarsi tra il dominio del capitale e la dominazione sulle donne che ha spiegato Silvia Federici; mettendo in campo il proprio “corpo politico” nella battaglia per l’autodeterminazione di genere e contro tutti i fascismi, come dimostra Judith Butler».

Oggi i femminismi sono tanti, ma «quel che possiamo dire con certezza è che il femminismo è stata la rivoluzione incruenta più importante e di successo mai avvenuta», afferma la professoressa Francesca R. Recchia Luciani. «Oggi le donne hanno più possibilità di affermarsi, ma la reazione del patriarcato al protagonismo femminile è ancora virulenta». Perciò dopo tanti secoli in cui sono state condannate al silenzio, le donne hanno imparato a far sentire la propria voce. Come scrive Audre Lorde «è meglio parlare ricordando che non era previsto che sopravvivessimo».