ROMA — «Io ci ho messo la faccia, sono andata a Bari a difendere il Pd, la sua comunità, il lavoro di questi anni. E ancora non li avete espulsi? Fate pulizia subito». Di prima mattina (e per tutto il resto della giornata) Elly Schlein è furibonda, tanto che perfino una nota del Nazareno, a sera, la definisce «irritata». Ce l’ha con Giuseppe Conte, che sfrutta ogni retata pugliese per rifilare un calcione al Pd, sperando di raccoglierne i frutti nei sondaggi dei prossimi giorni; ma anche con Michele Emiliano, con cui ieri si è sentita al telefono, e con un pezzo del partito pugliese, che solo da poche ore ha deciso di mettere alla porta i tre democratici coinvolti nelle inchieste: fino a ieri, per dire, uno era ancora capogruppo in Regione.
Ma l’insidia maggiore, per Schlein, viene da dentro il partito. Che al solito ribolle. E da 24 ore le chiede con insistenza — chi perché sinceramente convinto che certi sistemi vadano messi al bando, chi magari solo per rimpiazzarli con altri, chi al contrario per tutelarli — di imboccare una strada netta. Insomma di decidere: stare con Emiliano, quindi con Leccese e De Caro. O scaricare il governatore della Puglia, chiedergli le dimissioni, intestarsi davvero la “pulizia” invocata. E la parola chiave, per i sostenitori di questo secondo scenario, è una: commissariare. Il partito di Bari, quello pugliese, e già che ci siamo pure quello del Piemonte.
I più insofferenti, per paradosso, non vanno cercati nella minoranza, ma nella maggioranza interna del Pd. Sostenitori di Schlein. L’ala più movimentista, convintissima che la lotta ai cacicchi vada portata a dama (Marco Furfaro ha posto il tema degli ultimi arresti subito, nella chat dell’ «E-Team», i fedelissimi di Elly). Ma è in pressing pure la sinistra di Andrea Orlando. Però Schlein, per ora, non vuole commissariare. In Puglia, la pensa come Francesco Boccia. Che si possa mondare il partito senza fare «tabula rasa », per citare un’espressione usata da Conte ieri. Ecco perché la segretaria ha insistito perché i tre politici coinvolti nelle inchieste fossero espulsi entro poche ore,senza aspettare tutta la trafila, gli organismi di garanzia, etc.
Ma può bastare? A detta di una fetta larga del partito, no. Un big ieri si sfogava così: «Abbiamo commissariato il Pd in Campania per le tessere comprate, e non commissariamo il Pd della Puglia dove compravano i voti?». Il clima è questo. E chi fa certi ragionamenti, proietta sulla segretaria un rischio che molti nella sua cerchia stanno calcolando, con preoccupazione: ma può Schlein, segretaria da poco più di un anno, che nulla c’entra coi fattacciemersi dalle inchieste, eletta proprio contro certi sistemi e contro i cacicchi, finire logorata per non rompere con quei sistemi e coi cacicchi? Ecco un altro colonnello dem, tra i più barricaderi: «Emiliano dovrebbe essere trattato come De Luca».
Certo per Schlein non è semplice destreggiarsi in questa polveriera, che non ha fabbricato lei. Perché Bari, con Firenze, è una delle due grandi città al voto a giugno, e peserà, insieme al risultato delle Europee, sulla sua sopravvivenza come leader. Non può perderla. Ma non può nemmeno perdere la sua storia, il suo profilo, che è consenso. Si cercano allora vie di mezzo, per evitare il commissariamento. In Piemonte gli schleiniani stanno cercando un pm antimafia da proporre alla leader per le Europee. Ma non si trova. L’alternativa pronta sarebbe Davide Mattiello, ex parlamentare in Antimafia, ex Libera. Per dare un segnale. Non è piaciuta invece alla segretaria l’uscita sul “codice etico” di Antonio Misiani, orlandiano, commissario in Campania. Soprattutto perché la mossa è passata come una sua (fiacca) iniziativa.
Conte ovviamente farà di tutto per incunearsi nelle titubanze e nelle contraddizioni del Pd. L’ex premier e la segretaria dem non si sentono da una settimana, da quando i 5S hanno fatto saltare le primarie a Bari. Gelo puro. Tra i fedelissimi di Schlein poi sospettano che il presidente del Movimento avesse deciso da subito di lasciare la giunta di Emiliano, rinviando la questione di qualche giorno, per tornare a cavalcare l’onda. Ipotesi che a Campo Marzio smentiscono seccamente: Conte ha deciso dopo gli ultimi arresti. «E non è vero che voleva un assessorato alla Legalità per noi». Sarà. Di sicuro il capo stellato ha intenzione di fare della vicenda «una battaglia nazionale — come confidava ai suoi consiglieri regionali — Non serve un ritorno di Mani pulite, è la politica che si deve rigenerare». Secondo un parlamentare molto vicino all’ex premier, l’inchiesta barese può spostare il 2%. Quanto basterebbe per segnare l’aggancio al Pd.