L’Italia è uscita ufficialmente dalla Via della Seta con una nota consegnata a Pechino nei giorni scorsi. La mossa è stata preceduta da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, in estate, e dalla visita del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in cui è stata confermata l’intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi e sono stati avviati passi preparatori per la visita in Cina l’anno prossimo del capo dello Stato, Sergio Mattarella. La Belt ad Road Initiative, lanciata da Xi Jinping nel 2013, è uno dei cardini del piano del Dragone per rafforzare la propria economia attraverso una rete di infrastrutture fra tre continenti che favorisca gli scambi. Il memorandum con l’Italia – unico Paese del G7 ad aderire – era stato firmato dal primo governo Conte nel 2019. L’esecutivo Meloni doveva decidere se rinnovarlo o meno entro fine anno. Proprio il leader M5S Giuseppe Conte critica la decisione: “L’Osservatorio economico della Farnesina parla chiaro: nei primi 9 mesi del 2023 l’export italiano in Cina ha registrato una crescita tendenziale del 25,1%, attestandosi quasi a 15 miliardi. Tajani li ha letti i dati? Meloni si è accorta che anche Biden ha ricevuto Xi Jinping negli Usa? Che Macron e Sanchez sono andati in Cina in visita? Gli accordi della Via della Seta, che a oggi sono stati sottoscritti da 17 Paesi europei, sono serviti anche a migliorare i rapporti commerciali per riequilibrare una bilancia commerciale che non pendeva certo a nostro favore”, conclude Giuseppe Conte.