La presunta inchiesta. Lo scontro con le toghe. L’autodifesa
Federico Capurso
I
Che silenzio, adesso. Sembra improvvisamente più grande, a Giorgia Meloni, la masseria pugliese in cui da giorni è trincerata in vacanza. Non ci sono più le risate a bordo piscina delle due nipotine, Rachele e Vittoria, mentre giocano con il cane Coco, né si sente lo sferragliare in bicicletta del cognato/ministro, Francesco Lollobrigida. Soprattutto, non c’è più Arianna. La sorella della premier ha fatto le valigie e, con famiglia al seguito, è rientrata ieri a Roma in treno. Ma in fondo è rimasta lì, in trincea, fino a quando serviva. Nel momento, cioè, in cui si doveva gestire la deflagrazione del caso che la riguarda. Anzi, del caso che la “riguarderebbe”, perché nessuno ha mostrato, finora, uno straccio di prova che i magistrati abbiano davvero aperto un’inchiesta per traffico di influenze contro di lei.
Lo ammette persino la diretta interessata, che prima di lasciare la masseria recapita ai cronisti la sua versione della storia: «Non ho notizie di alcun avviso di garanzia. Che io sappia non c’è nulla», fa sapere. Aggiunge, però, di non poter escludere che qualcuno stia indagando su di lei senza che ne sia a conoscenza. E così, finisce per alimentare i pesanti sospetti sollevati per primo dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti, che in un suo articolo, domenica scorsa, ha agitato lo spettro di una cospirazione contro il governo. Arianna non rinnega. Al contrario, sposa il teorema del complotto dei giornali di sinistra e dei magistrati politicizzati che, triangolando con i partiti di opposizione, cercano di colpire lei per far cadere la sorella, Giorgia: «Sono due anni che cercano di buttarmi addosso tante cose». Ecco, con l’articolo di Sallusti, «è stata fatta chiarezza su un metodo che mi lascia incredula», dice Arianna. Ci crede, dunque. E si dice «scossa», perché poi «non è possibile essere sbattuta sui giornali senza alcuna verifica dei fatti. Non accetto di essere dipinta per come non sono. Il mio modo di essere non è quello che viene raccontato». E come aveva già fatto alcuni giorni fa, torna a giurare di non aver «mai influenzato o cercato di influenzare decisioni né di aver preso parte a riunioni sulle nomine che spettano al governo. So di non aver fatto niente di male». Almeno su questo, dice, «sono tranquilla». A dare man forte ci sono anche i compagni di partito di Fratelli d’Italia, che si sono schierati subito in sua difesa.
Con la sorella, Giorgia, alla loro testa. Figurarsi. Le truppe, allertate in anticipo (la sera prima della pubblicazione dell’articolo), da 48 ore si prodigano ormai in una batteria di dichiarazioni tutte sostanzialmente identiche, contro «il disegno per delegittimarci» e in difesa di Arianna. Anche gli alleati, soprattutto da Forza Italia, mostrano «solidarietà», nel ricordo delle «persecuzioni giudiziarie subite da Berlusconi». Senza che della persecuzione – è bene ricordarlo – ci sia alcuna prova. Forse, ce l’ha solo Sallusti. Arianna assicura però che nessuno abbia imbeccato il direttore del Giornale: «Non abbiamo citofonato», dice. «Ma certo – aggiunge – non abbiamo ostacolato». Per lei «è stato un modo per fare chiarezza. Si è provato a dire che è stato scritto sotto dettatura, ma non è così». E dentro Fratelli d’Italia, sostiene, «non c’è stata nessuna chiamata alle armi e nessuna regia» nell’uscita di dichiarazioni. Anzi, si dice, «commossa dalla solidarietà arrivata, perché è stata spontanea. Gente con cui sono cresciuta e che sa che non faccio porcate». Con quella spontaneità, però, tutto il partito si è scagliato contro giudici, giornali e opposizioni, come fossero un corpo solo su cui riversare veleno, rischiando di inquinare il rapporto tra poteri e contropoteri dello Stato. Arianna forse è consapevole che questo sia l’effetto di quelle dichiarazioni. Può quindi dire, quanto meno, che non era voluto: «Ho letto che era un modo per provare a intimorire giudici e pm: no, niente di tutto questo. Non avevamo intenzione di acuire lo scontro con la magistratura – assicura –. Quelli che sono usciti sono tutti commenti a Sallusti». I giudici non la pensano allo stesso modo. «Quello in corso – fa sapere l’Anm con una nota durissima – è l’ennesimo attacco alla magistratura, volto a delegittimarla adombrando presunti complotti. Un esercizio pericoloso che indebolisce le istituzioni repubblicane e danneggia l’intero Paese». Parole che non vanno giù all’esponente FdI Andrea Delmastro. «Stranisce la dura presa di posizione di Anm contro l’articolo di Sallusti su Arianna Meloni – nota il sottosegretario alla Giustiza che aveva accusato la sinistra «di livore, rabbia e odio» vagheggiando un avviso di garanzia per traffico di influenze.