DISARMARE ANCHE LA FAME
23 Dicembre 2025
Storia di un segreto di Stato
23 Dicembre 2025Roberto Ciccarelli
Poco e niente Manovra, blitz di governo e maggioranza all’ultimo minuto: passa un emendamento pro-sfruttatori. Stralciata dal decreto Ilva, torna la norma che impedisce il risarcimento degli stipendi e dei contributi da parte dei datori di lavoro condannati dai giudici. L’ultimo atto (forse) di una delle peggiori leggi di bilancio si chiude con un altro attacco ai diritti. Oggi il voto al Senato
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Alla fine il governo fa cassa sui lavori precoci e usuranti
All’avvio della discussione sulla legge di bilancio che sarà votata oggi dal Senato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha detto che «l’importante è arrivare alla vetta» anche dopo il «percorso tortuoso» in cui lui stesso è stato sfiduciato sulle pensioni dalla Lega, il suo partito.
UNA VOLTA IN VETTA si può iniziare a vedere l’ultima vigliaccata realizzata dal governo e dalla sua maggioranza contro i lavoratori a Natale. Con un nuovo emendamento, di nascosto e senza avere avvertito nessuno, il governo e la maggioranza stanno facendo approvare la norma «salva-imprenditori».
LE IMPRESE che non pagano adeguatamente i propri lavoratori, non saranno tenute a corrispondere la differenza nel caso si siano attenuti agli standard di alcuni contratti collettivi. I lavoratori che si sono visti riconoscere da un giudice la non conformità all’articolo 36 della Costituzione del proprio salario non potranno dunque chiedere gli arretrati al datore di lavoro. Quest’ultimo non potrà essere condannato al pagamento di differenze retributive o contributive relative al periodo precedente la data di deposito del ricorso.
IL GOVERNO TENTA cosi di rendere più difficile la tutela dei salari e il recupero dei crediti retributivi. Il lavoratore non potrà più recuperare quanto gli è stato ingiustamente tolto negli anni precedenti. La norma, che neutralizza cinque anni di arretrati, è incostituzionale. In più non dovrebbe entrare nella legge di bilancio perché è di natura ordinamentale.
«DOPO ESSERE stata cancellata dal decreto Ilva – ha ricordato la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli. – a seguito dell’opposizione delle forze sociali e politiche, la norma viene riproposta stabilendo che il datore di lavoro non può essere condannato al pagamento di differenze retributive o contributive per il periodo precedente la data del ricorso, se ha applicato lo standard retributivo previsto dal contratto collettivo di riferimento. Non esistono alternative: l’unica soluzione è lo stralcio definitivo». «I crediti di lavoro sono diritti soggettivi pienamente esigibili – sostengono Vera Buonomo e Ivana Veronese (Uil) – non possono essere considerati una concessione eventuale né rimessi a valutazioni discrezionali. Il lavoro svolto deve essere sempre retribuito in modo adeguato, le somme dovute devono essere riconosciute integralmente».
«AVER INSERITO nella manovra di bilancio l’emendamento Pogliese è una vigliaccata fatta ai danni dei lavoratori più poveri e indifesi – ha commentato Arturo Scotto, capogruppo Pd della commissione lavoro alla Camera – Una sanatoria mascherata per le imprese che hanno pagato per anni i lavoratori con retribuzioni da fame a cui i giudici hanno chiesto di sanare gli arretrati dovuti. Cosa che grazie a questo intervento non sarà possibile». «Abbiamo presentato per l’aula un emendamento soppressivo dell’assurda norma, infilata in manovra nottetempo e incostituzionale, con cui la maggioranza sferra l’ennesimo colpo ai diritti dei lavoratori» ha detto la capogruppo Cinque Stelle in commissione Bilancio al Senato, Elisa Pirro. «È il paese che hanno in testa: le briciole a chi lavora; chi sfrutta va protetto» ha commentato Nicola Fratoianni (Avs).
IL “SALVA-IMPRENDITORI” è un altro colpo a chi lavora sempre peggio e vede allontanare anche la data della pensione. Arriva dopo il maldestro tentativo di Giorgetti di allungare le finestre previdenziali e tagliare il riscatto delle lauree. La norma è stata ritirata e, al suo posto, passerà una ancora più odiosa che peggiorerà l’accesso alle pensioni dei lavoratori precoci e usurati.
I PERDENTI DELLA MANOVRA sono senz’altro i lavoratori, oltre che i cittadini che soffriranno gli effetti dei tagli agli enti locali e ai ministeri, già adottati l’anno scorso. Sono loro che pagano il rientro anticipato dalla procedura Ue per deficit eccessivo e l’austerità per i prossimi sette anni, ancora ieri considerati un esempio di «buon governo dei conti» da parte dei relatori della maggioranza al Senato. L’unica spesa che non è tagliata resta quella militare. La manovra prevede un aumento di 23 miliardi di euro nel prossimo triennio. E, quando a giugno l’Eurostat attesterà che il rapporto tra il deficit e il Pil è sceso di qualche millesimo sotto il 3%, scatterà la clausola che permette lo scomputo della sola spesa militare dal calcolo del deficit. Obiettivo è arrivare al 5% del Pil entro il 2035, con uno stato sociale in macerie. Questa è l’eredità che lascerà il governo Meloni.
I VETI INCROCIATI e la guerriglia interna che hanno bloccato la maggioranza per più di due mesi, tanti ne sono passati dal varo della manovra da parte del Consiglio dei ministri, ha prodotto un testo mostruoso, composto da un unico articolo e da circa 970 commi. Passerà anche alla Camera che avrà solo il tempo di dare la fiducia a una decisione già presa. Questo è l’effetto della fine del bicameralismo paritario , esito della strutturale crisi italiana. Il monocameralismo di fatto è la rappresentazione di una democrazia ridotta a governance, decisa in base agli interessi di classe e a quelli del governo.





