
Mps verso Mediobanca, ma Bruxelles accende un faro sull’operazione
26 Giugno 2025
Prince & The Revolution – Kiss
26 Giugno 2025Il nodo resta uno: dove sono i 400 kg di uranio arricchito al 60 % che l’Iran teneva a Fordow? Gli Stati Uniti affermano di aver distrutto il sito con 14 bombe perforanti, paragonando l’esito a Hiroshima; Israele parla di un ritardo di anni nel programma atomico. Ma un rapporto dell’intelligence USA, rilanciato da CNN e New York Times, ammette che i danni vanno da “moderati a severi”, perché Fordow si trova a circa 90 m di profondità e le bombe scavano solo fino a 60 m.
Le immagini satellitari mostrano camion in movimento verso Isfahan alla vigilia del raid: forse l’uranio è stato spostato. Senza l’accesso degli ispettori AIEA nessuno può verificare; Rafael Grossi parla di “misure protettive”, ma Teheran non chiarisce. Intanto Trump si infuria con i propri 007 e con i media accusati di “fake news”, mentre offre all’Iran la possibilità di vendere petrolio per la ricostruzione, convinto che la minaccia nucleare sia svanita.
In realtà l’Iran dispone di tre impianti: Natanz (arricchimento civile), Fordow (arricchimento al 60 %) e Isfahan (il più recente). Per arrivare alla bomba serve il 90 %: se il materiale è intatto, basterà riparare le centrifughe. Se è distrutto, Teheran dovrà ripartire quasi da zero.
L’attacco è arrivato in pieno negoziato, replicando lo schema già usato con il Libano: si finge dialogo, poi si colpisce a sorpresa. Così la diplomazia diventa un’arma di guerra, erodendo la fiducia minima che regge l’ordine internazionale. Finché gli ispettori non entreranno nei siti, resterà solo l’enigma: uranio ridotto in polvere sotto la montagna, o messo al sicuro per il prossimo round?